1 min read
«Abbassando gradualmente le proprie aspettative, si era abituata ai minuti grandi piaceri della clausura.»

Una gran bella storia di amore.
Amore per la vita, in un periodo in cui una giovane donna non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare di poter disporre di sé.
Amore per la libertà, quando anche solo l’elaborazione di un pensiero proprio (e critico) era un crimine.
Amore per per se stessi, per la salvezza del corpo e dell’anima, unico sfogo per le tumultuose passioni di una adolescente cui la vita (e la famiglia) avevano deciso di non riservare gioie.

Nelle pagine di questo romanzo ritroviamo uno spaccato storico dell’Italia meridionale (ancora non unita) ottocentesca, con interesse particolare alla vita dell’aristocrazia e all’usanza di monacare le figlie “di troppo”, quando il matrimonio diveniva impossibile o, più semplicemente, troppo costoso da sopportare per la famiglia non più così ricca. Una figlia monaca rappresentava inoltre, per le famiglie aristocratiche, un legame politico con chi tirava le redini del potere e del denaro ed era, spesso, necessaria per godere dei favori dei sovrani, strettamente legati alla Chiesa.
Un sacrificio dovuto, imposto, da rispettare, poco rilevando la vocazione che, nella gran parte delle situazioni, era una chimera o forse una speranza per il futuro.

Le gioie, le speranze, le passioni, i tumulti dell’anima e la primavera dei sensi adolescenziali non mutano nelle epoche, vengono solo esternati in modo diverso ed è per questo che libri come questo possono essere letti da chiunque e in qualsiasi momento: queste pagine parlano un linguaggio universale.

Seguici sui social: