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Richiesta di conferma delle misure protettive nella composizione negoziata

di Monica Mandico

Mandico & Partners

L’istanza di conferma delle misure protettive, secondo l’art. 18, comma 7, del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII), segue un iter giudiziario specifico: viene registrata nell’ambito della Volontaria Giurisdizione, trattata secondo le norme stabilite dagli articoli 669bis c.p.c. da un giudice singolo, e culmina in una decisione soggetta a ricorso (ordinanza reclamabile).

 

Definizioni cruciali.

Secondo l’art. 2 lettera p) del CCII, le misure protettive sono soluzioni temporanee richieste dal debitore per prevenire azioni creditorie dannose per le trattative di gestione della crisi o dell’insolvenza. L’art. 2 lettera q) definisce le misure cautelari come ordini del giudice volti a proteggere i beni o l’azienda del debitore durante le trattative. È rilevante notare che queste definizioni si focalizzano sulla protezione temporanea delle trattative, piuttosto che sulla continuità aziendale in sé.

Va quindi osservato che nelle definizioni non si compie alcun riferimento alla funzionalità delle misure direttamente alla continuazione dell’impresa ma solo e soltanto alla tutela provvisoria delle trattative.

Ad esempio in dottrina si pone il tema se le iniziative esecutive dei creditori possano essere inibite impedendo ai creditori di attivarsi, in via stragiudiziale, per ottenere l’adempimento, ad esempio escutendo una garanzia autonoma.

 

Documentazione necessaria (artt. 17 e 19 CCII).

Per confermare le misure protettive o concedere misure cautelari, il debitore deve presentare una serie di documenti, infatti al momento della presentazione dell’istanza ex art. 17 CCII l’imprenditore deve inserire all’interno della piattaforma telematica la seguente documentazione:

1) i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso l’Ufficio del Registro delle imprese, mentre per quanto riguarda gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci, è necessario inserire le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni prima della presentazione dell’istanza;

2) Un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo CCIAA

3) una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi 6 mesi, oltre alle iniziative industriali che l’imprenditore intende adottare;

4) l’elenco dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere nonché la specificazione di diritti reali e personali di garanzia;

5) una dichiarazione sulla pendenza di ricorsi per l’apertura di liquidazioni giudiziali o per l’accertamento dello stato di insolvenza;

6) il certificato unico dei debiti tributari ex art. 364, comma 1, del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14;

7) la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione;

8) il certificato dei debiti contributivi e dei premi assicurativi di cui all’art. 363, comma 1, del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, ovvero, se non disponibile, il documento unico di regolarità contributiva;

9) un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia non anteriore a 3 mesi rispetto alla presentazione dell’istanza.

Invece al momento della presentazione dell’istanza ex art. 19 CCII l’imprenditore deve depositare in P.C.T. la seguente documentazione:

a) i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta;

b) una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso;

c) l’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella;

d) un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2, un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative che intende adottare;

e) una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata;

f) l’accettazione dell’esperto nominato ai sensi dell’articolo 13, commi 6, 7 e 8, con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

 

L’importanza del piano finanziario e del piano di risanamento.

E’ sempre consigliabile, anche quando non è obbligatorio, si pensi alle imprese sotto soglia, che l’impresa alleghi l’attestazione della propria risanabilità e depositi tanto un piano di risanamento quanto un piano finanziario. In questi casi si rafforza l’idea che si tratta di una crisi “reversibile”, per la quale non dovrebbe essere riscontrabile la perdita “definitiva” della continuità.

Le misure devono essere proporzionali e adeguate, come sottolineato da sentenze come quella del Tribunale di Trento (23 Settembre 2022 n. 3591/2022).

Nel giudizio non sommario di conferma delle misure protettive l’imprenditore è chiamato a provare anche l’esistenza di tre presupposti, uno reso nell’art. 19, comma 4, CCII e due disciplinati dall’art. 12 CCII.

Ai sensi dell’art. 12, comma 1, CCII l’imprenditore deve provare di trovarsi “in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza” nonché che “risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa” mentre ai sensi dell’art. 19 c. 4 deve provare “la funzionalità delle misure richieste al buon esito delle trattative”.

Mentre per la qualificazione del procedimento come cautelare, la norma chiede che il ricorrente provi la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, declinati in funzione delle peculiari finalità del procedimento in esame. Il primo elemento sarebbe duplice, stato di crisi e/o insolvenza, e sua risanabilità ed il secondo sarebbe da riscontrare (in negativo) accertando che il rischio che la mancata concessione delle misure pregiudicherebbe l’andamento e il buon esito delle trattative.

I presupposti del provvedimento di eventuale conferma delle m.p. come indicati dagli artt. 12 e 19 CCII, devono rispondere ai criteri di proporzionalità e di idoneità (cfr. Trib Trento, 23 Settembre 2022 n. 3591/2022 in Ilcaso.it) e quindi  le misure debbono essere proporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori e strutturalmente idonee a salvaguardare trattative effettivamente in corso, per il raggiungimento di un risanamento che non risulti, ad un esame obiettivo, manifestatamente non plausibile, sulla base di elementi sintomatici, estrinseci (ad esempio la dichiarata disponibilità alle trattative pervenuta da una parte di creditori ampiamente rappresentativa o l’assenza di iniziative esecutive o liquidatorie in essere da parte di creditori) e intrinseci (chiarezza, ragionevolezza e solidità delle assunzioni alla base della strategia di risanamento e equilibrio economico-finanziario della continuità aziendale prospettata), assumendo a tal fine un ruolo centrale il parere dell’esperto nominato, il quale deve essere sorretto da un’adeguata, completa e logica motivazione, con particolare riferimento all’effetto dell’eventuale mancata conferma o revoca delle misure protettive di turbamento del regolare corso delle trattative.

In sintesi il debitore dovrebbe provare:

1) che le misure sono proporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori;

2) che le misure sono strutturalmente idonee a salvaguardare trattative effettivamente in corso, per il raggiungimento di un risanamento;

3) che la risoluzione della crisi non risulti manifestatamente non plausibile, sulla base di elementi sintomatici estrinseci – tra cui: 1) la dichiarata indisponibilità alle trattative manifestata da una parte di creditori ampiamente rappresentativa; 2) la presenza di iniziative esecutive; 3) la presenza di ricorsi per L.G. – ed intrinseci – chiarezza, ragionevolezza e solidità della strategia di risanamento e prospettata).

 

Il ruolo dell’esperto nelle udienze (art. 19 CCII).

Durante l’udienza, l’esperto indipendente valuta vari aspetti, come la struttura organizzativa dell’impresa, la completezza della documentazione presentata, l’esistenza di trattative e l’impatto delle misure protettive sui diritti di terzi. L’opinione dell’esperto gioca un ruolo cruciale nel bilanciare gli interessi contrapposti e assicurare che le misure non siano eccessive rispetto al danno potenziale per i creditori.

Il giudice fissata l’udienza ex art. 19, comma 3, CCII, richiede ai sensi del comma 4 dell’art. 19 CCII il parere dell’esperto indipendente da esaminare in udienza che riguarda la funzionalità delle misure richieste al buon esito delle trattative.

Tuttavia il parere dell’esperto dovrà riguardare anche

a) sulla sussistenza di una struttura organizzativa, amministrativa e contabile adeguata in capo all’impresa ricorrente ex 2086 c.c.;

b) sul deposito di tutta la documentazione prescritta;

c) sul merito della documentazione in atti ed in particolare;

d) sull’esistenza di trattative tra il debitore ed i creditori;

e) sulla funzionalità delle m.p. richieste ad assicurare il buon esito delle trattative e quindi la congruità dei documenti depositati ed in particolare del piano di risanamento e dell’attestazione dell’imprenditore di risanabilità dell’impresa;

f) sull’incidenza delle m.p. su diritti dei terzi. In questo caso tuttavia l’esperto deve esaminare anche con attenzione gli attuali rapporti tra il debitore ed i creditori destinatari dell’istanza cautelare specifica.

Autorevole dottrina precisa che nel parere l’esperto dovrebbe riferire in ordine: a) agli esiti del test pratico; b) alla risanabilità dell’impresa; c) all’esistenza di concrete trattative descrivendone la fase; d) alla strumentalità delle misure protettive e cautelari attivate rispetto al buon esito delle trattative; d) al contemperamento dei contrapposti interessi in modo che le misure non risultino sproporzionate rispetto al pregiudizio in concreto arrecato ai creditori.

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