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Nota ad ACF, 24 gennaio 2024, n. 7145.

di Luca De Laurentiis

Praticante avvocato

Nella suddetta decisione l’Arbitro per le Controversie Finanziarie si è pronunciato in tema di non corretto adempimento di obblighi inerenti di servizi di investimento, perché l’Intermediario non aveva prestato assistenza informativa al cliente, il quale, nell’àmbito di negoziazione, non riusciva a cedere diritti di opzione.

Nello specifico, il ricorrente ha riferito di aver inserito ripetutamente l’ordine di vendita di diritti di opzione, senza riuscire ad eseguirlo, perché costantemente rifiutato dal sistema. Cosicché aveva richiesto assistenza all’intermediario via telefono e tramite sito internet, nonché tramite helpdesk (per posta elettronica) senza ottenere una risposta. Solo poco prima della chiusura del mercato borsistico, il ricorrente riceva un’email, dove veniva indicato di inserire nel proprio ordine di vendita, il prezzo “limite” e non quello di “mercato”.

Al contrario, l’Intermediario, nel resistere e nel chiedere il rigetto del ricorso, in primo luogo ha voluto che la società aveva iniziato un aumento di capitale, e prevedeva di sottoscrivere nuove azioni a pagamento. Il ricorrente – specificava l’Intermediario – deteneva n. 340 azioni e gli erano stati assegnati n. 340 diritti di opzione, quotati nel mercato di Borsa Italiana; dunque, il ricorrente inseriva diversi ordini di ve4ntia dei diritti di opzione, indicando come parametro il prezzo di “mercato”, ma gli ordini venivano rifiutati, poiché il mercato, per lo strumento in questione accettava esclusivamente ordini con prezzo “limite”.

Inoltre, in merito alle contestazioni del Ricorrente circa il fatto di non aver ricevuto risposta alle richieste di chiaramente per la mancata esecuzione degli ordini, la Banca intermediaria ha voluto precisare come la clientela disponesse di diversi canali di contatti per richiedere assistenza al Custom Care: quali il servizio telefonico; di messaggistica sms; di messaggio tramite area riservata; oppure tramite email all’helpdesk.

A parere dell’intermediario, questi canali erano preliminarmente indicati tramite l’apposta pagina denominata “Assistenza”, ed erano a disposizione del cliente. Vieppiù, nel caso di specie, a seguito del rifiuto degli ordini di vendita, il ricorrente aveva utilizzato i vari servizi di contatto a disposizione dello stesso. Successivamente, l’intermediario ha affermato di aver contattato nuovamente il ricorrente-cliente, non avendo quest’ultimo dovuto aspettare molto dalla richiesta effettuata, anzi, secondo l’intermediario, addirittura non avrebbe mai atteso di esser messo in contatto.

Di conseguenza, la banca ha voluto sostenere la propria discolpa, poiché, secondo la stessa, solo il comportamento tenuto dal ricorrente ha ostato ad un chiarimento.

Nel merito, in via preliminare, il Collegio ACF ha rilevato che le deduzioni – presentate in via integrativa dal ricorrente – non possono esser prese in considerazione perché sono state trasmesse con modalità non conformi a quelle vincolativamente indicate dall’art. 11, comma 1-bis, del Regolamento ACF; di talché, non possono esser prese in considerazione neanche le repliche finali dell’Intermediario. Tuttavia, l’invalidità di atti, trasmessi con modalità difformi, non impedisce di valutare, in sede decisoria, documenti depositati a corredo dei primi.

L’ACF ha riconosciuto che al cliente sia stato inibita la possibilità di prendere contatto con la banca intermediaria, perché ciò risulta dalla documentazione in atti del ricorrente.

Dunque, secondo il collegio, si doveva valutare se l’intermediario fosse gravo di obblighi informativi preventivi, al fine di porre la clientela nelle condizioni più confacenti per poter effettuare correttamente le relative operazioni di investimento di loro interesse.

Più in dettaglio, è utile menzionare l’art. 51 del Regolamento Intermediari n. 20307/2018 – il quale declina i principi generali che disciplinano la gestione degli ordini dei clienti – che richiama l’art. 67, primo comma, lett. c) del Regolamento delegato UE 2017/565 secondo il quale le imprese di investimento “informano il cliente al dettaglio circa le eventuali difficoltà rilevanti che possono influire sulla corretta esecuzione degli ordini non appena ne vengono a conoscenza”.

Già in precedenza l’ACF ha avuto modo di chiarire come la suindicata previsione impone in capo all’intermediario, prestatore dei servizi di investimento, un dovere di informativa ex post, ovvero un dovere di indicare, in tutte le note informative di quegli ordini non andati a buon fine, le motivazioni per le quali gli ordini non sono andati a buon fine, di tal modo che “il cliente [è messo] nella consapevole condizione di attivarsi nel modo che ritiene più opportuno[1].

Nel caso in oggetto, è risultato che l’Intermediario, depositario delle azioni della società, aveva comunicato alla clientela l’imminente aumento di capitale della società emittente, attraverso una comunicazione via email nella quale si dava conto di una serie di informazioni che caratterizzavano l’operazione: a) la data di stacco dei diritti; b) il periodo di trattazione c) la valuta dell’aumento di capitale; d) il mercato di trattazione; e) il numero di azioni assegnate con relativo prezzo per ogni diritto esercitato; f) il termine ultimo di adesione; g) la circostanza che oltre il termine i diritti non sarebbero stati più quotati su Borsa Italiana, quindi con la raccomandazione di vendere entro il termine indicato, a chi non fosse interessato, perché oltre sarebbero stati privi di valore.

Ad avviso del Collegio, in occasione di tale comunicazione, l’intermediario – nel fare espresso uso della normale diligenza contrattale, nonché del pieno rispetto del generale obbligo “proattivo” di protezione del cliente – avrebbe potuto (e ancora di più, dovuto) informare la clientela circa anche le limitazioni delle negoziazioni, fornendo dunque un’adeguata evidenza della necessità di inserire eventuali ordini di vendita con prezzo “limite”, come anche espressamente reso noto con un comunicato da parte di Borsa Italiana.

Orbene, dalle evidenze versati in atti dall’Intermediario risulta come gli ordini inseriti dal ricorrente – identificato in modo univoco dal codice utente – con parametro di “mercato” siano stati rifiutati (nella voce “Accettato o Rifiutato” emergeva “REJ” che indica “rejected”) perché “market orders disabled for insturment” («gli ordini a mercato erano disattivati»). Tuttavia, giova sottolineare che l’Arbitro ha ravvisato che non sia stata dionea prova che le suddette schermate – che recavano espresse indicazioni delle ragioni del rifiuto degli ordini – fossero a disposizione del ricorrente. 

In conclusione e in definitiva, il convincimento del collegio è che se il cliente-ricorrente avesse avuto informazioni adeguate delle ragioni che hanno portato al rifiuto dei suoi ordini dal sistema, egli avrebbe potuto impostarli nel modo corretto, esattamente poi come avvenuto nel momento in cui è stato edotto di dover inserire ordini con limiti di prezzo.

 

 

 

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[1] Cfr. ACF, decisione n. 4212.

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