La decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario in disamina attiene ad un potenziale danno patrimoniale cagionato alla parte ricorrente, in qualità di erede di quote di un fondo detenuto presso l’intermediario resistente. Nello specifico, l’asserito danno patrimoniale sarebbe eziologicamente riconducibile al tardivo trasferimento e successiva liquidazione delle quote de quo dal conto che parte ricorrente possedeva in contestazione con la defunta; tale ritardo avrebbe comportato l’emersione di una perdita sulle quote del fondo, pari a circa il 7%. Parte ricorrente all’interno del reclamo formulato all’ ABF chiede al medesimo di procedere alla quantificazione della differenza “tra l’avuto e lo spettante causato dal disservizio procurato dall’intermediario”.
L’intermediario resistente, nel merito, eccepisce, in primis, la presunta incompetenza per materia dell’ABF, in quanto, come riportato dal medesimo “le Disposizioni che regolavano il funzionamento dell’organismo specificavano che non potevano essere sottoposte alla cognizione di quest’ultimo le controversie attinenti ai servizi e alle attività di investimento che non fossero soggette al titolo VI del TUB a norma dell’art. 23, comma 4, del TUF”. Sul punto il collegio, al fine di dimostrare la propria competenza sulla questione in disamina riporta, a titolo esemplificativo e non esaustivo, precedenti Decisioni del medesimo Arbitro che, data la speculare casistica, possono essere assunte come riferimento per l’attestazione della medesima competenza (v. Coll. Roma, decisione n. 2860/2023; Coll. Roma, decisione n. 21018/2021; Coll. Milano, decisione n. 1815/2020; Coll. Roma, decisione n. 8050/2018; Coll. di coordinamento ABF, decisione n. 898/2014); nello specifico la controversia in disamina atterebbe alla gestione ed amministrazione dei rapporti di deposito titoli e non presenta, pertanto, alcun nesso di strumentalità con la specifica operatività dei medesimi.
Per quanto attiene l’oggetto cardine della presente controversia, ovvero, la tardiva liquidazione delle quote, la banca resistente afferma che la medesima troverebbe origine nella tempistica necessaria all’espletamento della pratica successoria e coevo controllo di conformità e rispondenza di tutta la documentazione necessaria; quest’ultimi costituiscono condizione di esigibilità per il pagamento dei crediti ereditari ex. Art.48 del D.lgs n.346/1990.
Nel merito, nonostante il Collegio abbia riscontrato che vi sia stato un effettivo ingiustificato ritardato fra la consegna della documentazione necessaria all’espletamento della pratica successoria (avvenuta ad aprile 2022 con la consegna del documento denominato “DOMANDA PRATICA SUCCESSIONE”) e l’effettiva liquidazione del fondo (avvenuta a Settembre 2022), non riscontra in atti prove bastevoli a comprovare il danno asseritamente patito da parte ricorrente.
Nello specifico, il Collegio attesta la mancata quantificazione del danno patrimoniale cagionato alla ricorrente, onere probatorio che, come stabilito dal Collegio di Roma nella decisione n.2860/2023, ricade in capo alla parte ricorrente. Non è sufficiente, quindi, la mera manifestazione dell’evento ma vi è la necessità di procedere, inter alia, all’effettiva quantificazione del danno cagionato, appurando il nesso di causalità fra la condotta asseritamente dannosa adoperata dall’intermediario e il danno cagionato.
Ebbene, nel caso di specie, mancando quanto sopra, il Collegio non ha accolto il ricorso.