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Nota a ABF, Collegio di Palermo, 31 luglio 2023, n. 8100.

La vicenda in esame prende le mosse dal ricorso con cui la ricorrente (cliente) lamentava l’illegittimità della condotta tenuta dalla resistente (banca), che non aveva adempiuto ad un contratto di cessione di credito di imposta ex art. 121 d.l. n. 34/2020, conv. in l. 77/2020 (cd. Ecobonus), già concluso inter partes, pretendendo invece la sottoscrizione di un “nuovo contratto” con condizioni peggiorative sotto il profilo della commissione percepibile dalla banca per l’operazione in questione.

Prima di addentrarsi nel merito della controversia, il Collegio di Palermo specifica che le eccezioni sollevate in via preliminare della resistente sono infondate. In particolare, la banca, in primo luogo, ritiene la domanda della ricorrente inammissibile per incompetenza del Arbitro in quanto richiesta diretta ad ottenere un facere infungibile (dunque, una pronuncia di natura costitutiva volta a modificare il rapporto giuridico corrente tra le parti). Al riguardo, il Collegio ha ritenuto che questa fosse non fondata in quanto, sebbene sia inammissibile la domanda di condanna dell’intermediario a un facere specifico, nel caso in esame la domanda del ricorrente è volta all’accertamento e all’ottenimento del diritto al corrispettivo di un contratto già stipulato, oltre che al relativo risarcimento del danno.

In secondo luogo, si evidenzia altresì l’incompetenza per materia dell’Arbitro in quanto la controversia, essendo incentrata sul mancato riconoscimento del credito d’imposta, attiene prettamente a profili di natura fiscale. Anche su questo aspetto l’ABF si è espresso negativamente dal momento che la materia del ricorso è l’inadempimento di un contratto, non la materia fiscale (nello stesso senso, Collegio di Palermo, dec. n. 13581/22).

Passando ad analizzare il merito della controversia, l’Arbitro rileva come non sia contestato che tra le parti sia stato sottoscritto, e sia tuttora efficace, un contratto di cessione del credito d’imposta. In esso sono analiticamente regolate le condizioni contrattuali. Ritiene il Collegio che l’intermediario non abbia adempiuto a quanto indicato nel contratto. Detto inadempimento, ad avviso del giudicante, non risulta essere legittimo per una pluralità di motivi.

Il primo aspetto attiene all’indicazione di un credito di imposta nel cassetto fiscale della banca, necessaria per il perfezionamento della cessione. La banca infatti sostiene che parte ricorrente aveva inserito un importo diverso da quello verificato dalla società di revisione. Dagli atti di causa, invece, si evince come la cessione si fosse perfezionata con l’inserimento della somma in detto cassetto fiscale già prima della comunicazione della società di revisione, sul quale, tra l’altro, l’intermediario non aveva sollevato obiezioni o  riserve.

In aggiunta a ciò, l’intermediario ha argomentato, a giustificazione della mancata esecuzione del contratto e della proposta di una modifica contrattuale della commissione (più alta) percepibile dalla banca, altre spiegazioni vaghe e incongruenti. In particolare, il resistente ha sostenuto che la variazione contrattuale fosse, tra l’altro, dovuta all’emissione della Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 23/E del 23.06.2023. Secondo l’intermediario, ciò avrebbe comportato ulteriori oneri per le banche; di qui, la necessità di predisporre un nuovo contratto. In realtà, però, la Circolare non attiene ai profili illustrati dal resistente. Pertanto, non sussiste alcuna attinenza tra il contenuto del citato documento e la modifica contrattuale relativa alla commissione percepibile dalla banca.

Alla luce dell’accertato inadempimento del resistente, il Collegio di Palermo ha deciso di accogliere la domanda della ricorrente, avendo la stessa maturato il credito d’imposta e avendo effettuato la cessione dello stesso all’intermediario, senza ricevere il corrispettivo pattuito.

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