1 min read

Nota a Trib. Cagliari, 21 settembre 2023.

Il Tribunale di Cagliari col decreto di ammissione al concordato minore liquidatorio, qui in commento, ha fugato qualsiasi dubbio circa la possibilità che un ex socio illimitatamente responsabile di una società cancellata possa essere ammesso al concordato minore, al fine di definire i debiti nascenti dall’attività dell’impresa cessata.

Il Giudice sardo ha affermato, infatti, che «precludere» all’ex socio «lo strumento del concordato minore, significherebbe “costringerlo” a seguire la via della liquidazione controllata, che diverrebbe l’unica percorribile». Tale conclusione, inoltre, «porrebbe dubbi di costituzionalità», perché sarebbe in netto contrasto non solo «col favor legislativo verso gli strumenti negoziali di regolazione della crisi» ma anche «con la linea della direttiva UE 2019/1023, che profila la liquidazione controllata quale strumento residuale di risoluzione della crisi d’impresa».

 

Il caso.

Nello specifico, il Tribunale di Cagliari è stato chiamato a decidere su una domanda di ammissione al concordato minore liquidatorio presentata, ai sensi dell’art. 74 e ss. CCII, da un ex socio accomandatario di una società in accomandita semplice, cancellata dal Registro delle Imprese dal 2019. 

Ebbene, ai sensi del comma 2 dell’art.74 del CCII, fuori dall’ipotesi del concordato in continuità, «il concordato minore può essere proposto esclusivamente quando è previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori».

Pertanto, il ricorrente, per far fronte ai propri debiti, ha messo a disposizione, oltre al saldo del proprio conto corrente, anche ulteriori risorse finanziarie, oggetto di un apposito finanziamento bancario, ottenuto attraverso l’intervento di una Fondazione Antiusura e con l’ulteriore garanzia fornita dai figli lavoratori dipendenti.

Tutti i debiti, del resto, erano «stati contratti nello svolgimento od in conseguenza della attività imprenditoriale svolta dalla società cessata». Di conseguenza, come sottolineato anche dal Giudice Delegato, «il ricorrente non può essere qualificato “consumatore”» [1] né può essere «collocabile nelle ulteriori figure espressamente richiamate» dall’art. 2, comma 1 lett. c) [2], «ma ben può essere collocato nella categoria residuale delineata dal suo inciso finale “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale”, posto che, essendo la società – dalla quale si sono generati i suoi debiti – cancellata già dal 2019, la liquidazione non può più essere dichiarata e l’ex accomandatario non può più essere nella stessa coinvolto» [3].

 

La decisione.

Il Tribunale sardo ha dato, quindi, una risposta positiva all’accesso allo strumento del concordato minore da parte del ricorrente, non solo valorizzando il dato normativo contenuto dall’art. 2, comma 1, lett. c), del CCII, ma anche attraverso le seguenti ulteriori considerazioni.

Nel suo iter argomentativo, infatti, il giudicante ha escluso che, nel caso di specie, possa trovare «applicazione la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 33 CCII che preclude all’imprenditore cancellato la possibilità di accedere agli strumenti di regolazione della crisi», posto che «tale disposizione ha carattere eccezionale e di conseguenza non è suscettibile di applicazione analogica al caso dell’ex socio accomandatario della società cancellata, che non è, né è mai stato, “imprenditore”».  Ma, «detta regola, come chiarito dalla Relazione Illustrativa alla riforma, è stata peraltro introdotta al solo fine di risolvere una questione che si era posta nel regime della legge fallimentare, ed in particolare per impedire che, riconosciuta in astratto la possibilità per la società cancellata di accedere allo strumento concordatario, si potesse poi sostenere l’efficacia sospensiva del concordato sul termine annuale per la dichiarazione della liquidazione giudiziale» [4].

Nel provvedimento, inoltre, viene sottolineato come «l’appartenenza del concordato minore al genus concordato» non costituisce «argomento insuperabile per ritenere ammissibile lo strumento anche in assenza della attualità dell’esercizio dell’impresa».

Infatti, come evidenzia lo stesso Giudice cagliaritano, è vero che «potrebbe obiettarsi, enfatizzando l’appartenenza del concordato minore al genus “concordato”, che sarebbe la stessa natura del concordato minore a determinare la necessità che detto strumento intervenga a regolare una crisi d’impresa attuale, ciò presupponendo un effettivo esercizio dell’attività commerciale, assente nell’ipotesi dell’ex socio accomandatario di una società cancellata». Tuttavia, prosegue il Giudice Delegato, «se è vero, che ciò troverebbe conferma nel fatto che la modalità preferenziale di concordato minore immaginata dal legislatore pare esser quella della continuità (come si evince sia dal primo comma che dall’ultimo comma dell’art. 74 CCII), è altrettanto vero che, come è stato posto in risalto da una parte della dottrina, è il “sovraindebitamento del debitore” ad assumere rilievo centrale nella stessa definizione del concordato minore [5]», laddove, invece, nel concordato preventivo ad essere centrale è invece la massa dei creditori da soddisfare» [6].

Infine, a conclusione del suo iter motivazionale, come già anticipato, il Giudice ha evidenziato che «precludere lo strumento del concordato minore al socio illimitatamente responsabile di una società cancellata (non più assoggettabile a liquidazione giudiziale) per debiti nascenti dall’esercizio dell’impresa cessata, significherebbe “costringerlo” a seguire la via della liquidazione controllata, che diverrebbe l’unica percorribile, precludendogli la possibilità di accesso agli strumenti negoziali di regolazione della crisi. Ed una tale conclusione porrebbe dubbi di costituzionalità, apparendo in netto contrasto con il favor mostrato dal legislatore per i suddetti strumenti, oltre che in contrasto con la linea della direttiva UE 2019/1023, che profila la liquidazione controllata quale strumento residuale di risoluzione della crisi d’impresa» [7].

Sulle base di tali argomentazioni e sulla base delle ulteriori considerazioni fatte dal Giudice in merito alla “finanza esterna” richiesta dall’art. 74, comma 2, CCII (che lo hanno portato a ritenere rispondente ai requisiti di legge l’apporto di risorse esterne prevista dalla proposta concordataria) e, chiarita, «la non convenienza della alternativa liquidatoria», il Tribunale sardo ha ritenuto sussistenti i presupposti per dichiarare aperta la procedura diretta all’omologa della proposta di concordato minore, concedendo anche le misure protettive richieste.

*****

Brevi considerazioni finali.

Il provvedimento in commento è di sicuro interesse sotto vari aspetti.

Ma ciò che lo rende, davvero, meritevole di segnalazione è, soprattutto, l’assunto secondo cui «precludere» all’ex socio «lo strumento del concordato minore, significherebbe “costringerlo” a seguire la via della liquidazione controllata, che diverrebbe l’unica percorribile (…)», conclusione, questa, che «porrebbe dubbi di costituzionalità», perché sarebbe in netto contrasto non solo «col favor legislativo verso gli strumenti negoziali di regolazione della crisi» ma anche «con la linea della direttiva UE 2019/1023, che profila la liquidazione controllata quale strumento residuale di risoluzione della crisi d’impresa».

Si tratta, infatti, di un’affermazione di grande rilevanza perché, di fatto, implica il riconoscimento di un vero e proprio diritto del debitore ad almeno una delle procedure negoziali (accordo di ristrutturazione dei debiti del consumatore o concordato minore), previste dal nuovo Codice della Crisi in alternativa alla liquidazione controllata.

Invero, un siffatto approccio interpretativo non è del tutto nuovo. Sulla stessa linea interpretativa del Tribunale di Cagliari si annoverano in realtà anche altre pronunce di merito, seppur, quasi tutte, in riferimento all’ipotesi dell’imprenditore cessato.

Il Tribunale di Rimini, ad esempio, ha affermato che escludere l’imprenditore individuale cessato anche dall’accesso alla procedura negoziale di concordato minore (pur se di tipo liquidatorio), «comporterebbe la inammissibilità, per lo stesso, di qualunque strumento di natura negoziale; per tale debitore l’esdebitazione sarebbe realizzabile esclusivamente con la liquidazione controllata, in aperto contrasto con la ratio ispiratrice della legge» [8]. E, così anche il Tribunale di La Spezia che ha chiarito come “una volta esclusa l’applicabilità al debitore della definizione di consumatore, appare conseguenza necessaria la fruibilità della procedura di concordato minore di cui agli artt. 74 e ss CCII[9].

Nel maggio scorso, inoltre, anche il Trib. di Ferrara, ha affermato che il socio/liquidatore di una s.r.l. cancellata dal registro delle imprese, gravato di debiti derivanti da un accertamento fiscale a carico di quella società come personalmente addebitatigli ai sensi degli artt. 2495 c.c. e 36 del D.P.R. 602/73 «non è imprenditore ma le obbligazioni che ora compongono il suo sovraindebitamento sono debiti da impresa (…). Altrettanto pacificamente proprio per questo motivo il ricorrente non potrebbe accedere allo strumento riservato al consumatore, ovvero perché le obbligazioni delle quali si vuole esdebitare non sono di natura consumeristica. E, pertanto, atteso che il CCI intende proporre un assetto normativo che, fatta eccezione che per le leggi speciali, regolamenta ogni tipo di insolvenza, compreso il sovraindebitamento quale insolvenza del debitore sotto soglia e degli atri debitori non assoggettabili a liquidazione giudiziale, se una situazione come quella in cui si trova il *** venisse lasciata senza nessun’altra tutela se non la liquidazione controllata, si avrebbe una situazione irragionevole» [10].

Appare opportuno, però, segnalare che quest’interpretazione giurisprudenziale non è univoca, infatti, c’è anche chi, come il Tribunale di Bologna, sostiene che la possibilità di conseguire il cd. ‘fresh-start’ voluto dalla Direttiva Insolvency «è sempre garantita dalle procedure di sovraindebitamento disciplinate dal Codice della Crisi, tenuto conto che non solo le procedure negoziali, ma anche la liquidazione controllata – alla quale si può certamente accedere indipendentemente dalla natura delle obbligazioni – consente di ottenere l’esdebitazione integrale (e di diritto) dei debiti decorsi tre anni dall’apertura (art. 278)» [11], lasciando così intendere – come, giustamente, ha sottolineato un autorevole Autore -, «che l’impossibilità di accedere alla ristrutturazione del consumatore od al concordato minore non determina alcun pregiudizio al sovraindebitato, quantomeno in termini di accesso al beneficio dell’esdebitazione, in presenza della residuale procedura liquidatoria» [12].

 

__________________________________________

[1] Cfr.: Cass. Civ., sent. n. 1869 del 1 febbraio 2016. In tale sentenza la Suprema Corte ha chiarito che ai fini della legge n.3 del 2012: “consumatore potrebbe in astratto anche essere un imprenditore (che rientri, per ragioni di coerenza rispetto al collegamento tipologico in negativo rispetto ai requisiti del r.d. n. 267 del 1942 e di quelli speciali dedicati all’imprenditore commerciale, all’interno delle soglie dimensionali del sistema concorsuale minore in oggetto e per le regole temporali di accesso ivi previste) ovvero un professionista (non importa se ordinistico o meno), come si ricava dalla previsione di eventualità dell’esercizio di simile attività tratteggiata nel cit. art. 6. Va però stabilito se siffatta circostanza appartenga unicamente ad un profilo di più intensa, ma pregressa, soggettività economica oppure possa essere sospinta sino a ricomprendere altresì il professionista o l’imprenditore, sia pur senza più debiti originati da quell’attività e con debiti invece solo ‘comuni’ da ristrutturare, secondo la legge speciale, dunque questa volta nella veste esclusiva di consumatore indebitato”.

[2] L’art. 2, comma 1, lett. c) del CCII, definisce il sovraindebitamento come: «lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza».

[3] Cfr. art. 33, comma 1, CCII.

[4] Cfr.: Relazione Illustrativa alla riforma, pag. 50.  Sul punto si veda anche “Concordato minore e cancellazione dal registro imprese dell’impresa individuale” di A. MANCINI, pubbl. il 19/02/23 su blog.ilcaso.it/.

[5] Cfr.: art. 74, comma 3 CCII: «La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento…».

[6] Cfr.: Art. 84 CCII: «Con il concordato preventivo il debitore realizza il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio».

[7] La Direttiva (UE) 2019/1023 sulla ristrutturazione e sull’insolvenza, c.d. Direttiva Insolvency, recepita dal Decreto Legislativo n. 83/2022, che reca modifiche al Decreto Legislativo n. 14/2019 (c.d. Codice della crisi), ha “l’obiettivo di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno ed eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento, che derivano dalle differenze tra le legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva e insolvenza”.

[8] Cfr. Trib. di Rimini, decreto del 15 febbraio 2023. Si veda anche il Trib. di Trento decreto del 4 novembre 2022, laddove si afferma che « alla stregua del sistema implicato dal CCII, un soggetto può alternativamente rientrare nella figura di consumatore o di non consumatore (dunque di imprenditore o di professionista), senza terze possibilità che comportino l’effetto di precludere al medesimo l’accesso a strumenti di regolazione del proprio stato di insolvenza o di sovraindebitamento diversi dalla liquidazione (giudiziale o controllata), che rappresenta, nello stesso sistema del CCII, la soluzione ultima..» (pubbl. su https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/28560).

 [9] Cfr.: Trib. di La Spezia, decreto del 19 maggio 2023. Si veda anche Trib. di Ancona, decreto del 11 gennaio 2023, che ha ritenuto ammissibile il concordato minore anche per l’imprenditore individuale cessato, affermando «dovendosi sempre accordare al debitore la possibilità di accedere ad una procedura regolatoria e negoziale, in alternativa alla liquidazione controllata».

[10] Cfr.: Trib. di Ferrara, decreto del 23 maggio 2023 – Giud. Anna Ghedini (nel caso specifico, però, il Tribunale ha respinto il ricorso proposto in quanto ai sensi dell’art.74, primo e secondo comma, C.C.I., il concordato è ammissibile solo in funzione della continuità, oppure se vi sia un apporto significativo di risorse esterne, e nella fattispecie esaminata, tale apporto era risultato assai limitato). Sull’ammissibilità al concordato minore dell’ex socio illimitatamente responsabile si veda anche Trib. di Bari, 20 Luglio 2023. Est. Napoliello (che ha ammesso al concordato minore un ex socio per la definizione dei debiti personali e sociali).

[11] Cfr.: Trib. di Bologna, decreto del 30 dicembre 2022, Est. Rimondini.

[12] Cfr.: Sovraindebitamento: il debitore deve poter accedere ad una procedura negoziale, in alternativa alla liquidazione controllata – Nota di A. MANCINI al Tribunale Ferrara, decreto del 23 Maggio 2023. Est. Ghedini, su Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 29309 – pubb. il 14/06/2023.

Seguici sui social: