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Nota a Trib. Bari, Sez. IV, 30 ottobre 2023, n. 4282.

Segnalazione a cura dell'Avv. Massimo Melpignano.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

«La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto

è stato convincere il mondo che lui non esiste

e come niente .. sparisce…»

(I soliti sospetti, 1995)

 

Nella specie, avendo parte attrice contestato ab origine l’assenza del contratto-quadro, in assenza della sua produzione da parte dell’Istituto di credito, sussiste la nullità degli ordini di acquisto delle azioni compiuti in data antecedente all’unico contratto-quadro versato in atti, con conseguente obbligo restitutorio della somma ricevuta da parte della convenuta.

Con riferimento alla asserita violazione degli obblighi informativi in capo all’Intermediario, le risultanze della CTU espletata e l’esame della documentazione in atti conducono a ritenere configurabile un inadempimento della convenuta nella prestazione degli obblighi de quibus, in relazione alle operazioni di investimento attenzionate.

Più nello specifico, dopo la stipula del contratto-quadro, nel 2011, risultano compilati tre questionari MiFID, rispettivamente nel giugno 2012, gennaio 2015 e agosto 2016. Nel primo, l’Istituto di credito ha acquisito informazioni relative ai tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente-investitore aveva maggiore familiarità, omettendo di procedere, contestualmente, anche all’acquisizione, a norma dell’art. 39 Regolamento Consob, delle informazioni relative a natura, volume e frequenza delle operazioni su strumenti finanziari poste in essere dai medesimi clienti, nonché relativamente al livello di istruzione di questi ultimi. Si badi che le operazioni contestate ricadono nel vigore del Regolamento Consob n. 16190/2007, conseguente all’entrata in vigore della Direttiva MiFID, secondo cui il rapporto tra banca e cliente deve essere considerato su un piano di assistenza tecnica e supporto. In tale ottica, la pluralità degli obblighi facenti capo ai soggetti abilitati a compiere operazioni finanziarie (segnatamente, obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza, informazione, di evidenziare l’inadeguatezza dell’operazione compienda) convergono verso il fine unitario di guidare l’investitore verso una scelta consapevole.

Come noto, l’art. 40 Reg. Consob prevede che l’Intermediario, sulla scorta delle informazioni acquisite, valuti l’adeguatezza della specifica operazione, in modo che corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente e sia tale da essere finanziariamente sostenibile rispetto agli obiettivi di investimento dichiarati e che, al contempo, il cliente possa comprendere i rischi inerenti all’operazione.

Ebbene, nel caso di specie, come evidenziato anche in perizia, mentre dal contratto-quadro emerge un profilo di rischio “basso”, poco compatibile con gli investimenti azionari; a distanza di soli sei mesi, nel primo questionario MiFID, viene riportata una disponibilità verso investimenti anche a lungo termine, nonostante l’obiettivo perseguito sia di conservazione del capitale. Nei questionari di profilatura successivi, il profilo di rischio diviene “medio-alto” e “medio” e si dichiara una maggiore disponibilità negli investimenti a lungo periodo, nonostante il crescere dell’età anagrafica e l’indicata tolleranza alle perdite pari a solo una piccola parte del capitale investito.

In altri termini, da una iniziale profilatura di rischio “basso” (contratto-quadro del 2011) si passa a un rischio “medio-altro” (questionario MiFID 2015), per poi retrocedere a medio (questionario MiFID 2016), avendo come scopo prevalente degli investitori quello di “proteggere nel tempo il capitale investito e ricevere flussi di cassa periodici anche contenuti e costanti purché prevedibili”, eccetto che per la profilatura del 2015, e dichiarando una formazione in materia di investimenti derivante unicamente da conoscenze acquisite estemporaneamente tramite giornali, riviste e siti internet.

La lettura sistematica dei dati porta a ritenere che non sia stata fornita una corretta informazione in ordine agli investimenti offerti e che non sia stata valutata adeguatamente l’appropriatezza delle operazioni effettuate dai clienti-investitori, secondo quanto previsto espressamente dall’art. 42 Reg. Consob. Invero, deve osservarsi come gli investimenti attenzionati riguardino azioni non quotate, qualificabili quali titoli di rischio quantomeno medio-alto, essendo scambiabili non in un mercato regolamentato, ma con la stessa Banca emittente, o direttamente tra soci-azionisti, pertanto difficilmente liquidabili, potendo scientemente riscontrare limitazioni nello smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole.

La valutazione complessiva di tali elementi porta a ritenere che, se adeguatamente informati in ordine ai rischi e alle caratteristiche dell’operazione, gli attori non avrebbero optato per tale forma di investimento; ciò legittima la risoluzione del contratto, tenuto conto dell’attuale azzeramento del valore dei titoli, con condanna della convenuta alla restituzione della somma investita, detratti i dividendi riscossi.

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