Nota a ACF, 20 ottobre 2023, n. 6929.
Nella specie, parte ricorrente, inesperta in materia di investimenti e cliente dell’intermediario dal 2011, tramite un promotore finanziario, aveva aperto un conto deposito titoli, ed era stata indotta ad acquistare numerosi titoli ad alto rischio e speculativi, che le avrebbero asseritamente garantito elevati rendimenti e guadagni; tuttavia, essi erano a basso rating ed elevato rischio di default. Il promotore l’aveva sempre rassicurata, ma senza informarsi particolarmente sull’effettivo stato dei risparmi.
Dunque, nello specifico, la ricorrente aveva lamentato: a) l’inattendibilità della raccolta delle informazioni, poiché nel questionario MiFid risultava avere una conoscenza “medio/elevata”, al contrario della sua inesperienza; b) l’inadeguatezza dei titoli preposti, perché connotati da una natura speculativa, con un rating particolarmente basso rispetto alla propensione e reale tolleranza al rischio bassa dell’investitrice, considerato anche che i titoli erano negoziati solo in mercati non regolamentati. Inoltre, secondo la stessa l’intermediario avrebbe violato i doveri di vigilanza sul consulente, visto che le contraddittorietà delle risultanze derivanti dall’attività di profilatura e il collocamento di titoli rischiosi dovevano essere segnali di allerta per l’intermediario, e indurlo a effettuare verifiche opportune e controlli; così come la violazione degli obblighi informativi poiché il promotore/consulente non aveva consegnato nessuna scheda prodotto, né aveva edotto la ricorrente delle caratteristiche e dei rischi.
Al contrario, l’intermediario ha dedotto che: a) la ricorrente fosse stata profilata per volta al momento della sottoscrizione del contratto quadro, senza che ella avesse disconosciuto le firme lì apposte; b) dal questionario è emerso un profilo coerente con gli strumenti del tempo; c) ha assolto agli obblighi informativi.
In via preliminare, il collegio dell’ACF ha rilevato, sull’onere della prova, l’assenza della documentazione relativo all’acquisto di obbligazione estere, per le quali l’Intermediario, nelle deduzioni integrative, ha dedotto la mancanza di prestazione di un servizio di investimento, non fornendone però alcuna prova. E lo stesso collegio ne ha censurato tale condotta, anche perché, al contrario, la ricorrente ne ha fornita perlomeno una prova presuntiva, allegando alcune movimentazioni a riguardo; inoltre, l’intermediario, secondo la normativa di settore, avrebbe dovuto conservare le registrazioni dell’ordine.
Nel merito, il suddetto Collegio ACF, già in sede di altre controversie con il medesimo intermediario, aveva rilevato un deficit informativo ascrivibile a quest’ultimo, perché “non può considerarsi adempiuto l’obbligo informativo con la sola consegna del «Documento sulla natura e sui rischi degli strumenti finanziari»”[1]. Neanche si potrebbe aderire, su questo tema, ad una decisione del Tribunale di Milano, nella quale, ai fini dell’assolvimento dell’onere informativo, si afferma il principio secondo il quale risulterebbe sufficiente la consegna del Documento generale sui rischi, poiché l’informativa dettagliata riguardo gli specifici strumenti non sarebbe più richiesta dalla normativa MiFid[2]. Al contrario, l’ACF stabilisce che la consegna del “Documento sulla natura e sui rischi degli strumenti finanziari”, nell’instaurazione del rapporto, non può ritenersi idonea ad integrare l’effettivo adempimento dell’obbligo prescritto dall’art. 31 del Regolamento Intermediari vigente ratione temporis[3]; vieppiù, perché l’Intermediario dovrà fornire un’informazione aggiuntiva rispetto a quella dei rischi e delle caratteristiche degli strumenti finanziari, prescritta dall’art. 27 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007, che dovrebbe esser rilasciata al momento dell’apertura dei rapporti con l’intermediario al cliente. Infatti, l’art. 31 del Regolamento Intermediari – altrimenti diventerebbe norma replicativa dell’art. 27 – presuppone che l’informazione sul che tipo di strumenti finanziari preceda sempre, o sia temporalmente vicina, all’investimento, e, di conseguenza, non è possibile ritenere sufficiente un’informativa rilasciata al momento dell’apertura dei rapporti avvenuta anni prima al fine di rendere consapevole l’investitore circa le caratteristiche del prodotto che sottoscriverà, altrimenti vi sarebbe il paradosso che spetterebbe all’investitore ricondurre alle varie categorie, indicate nel documento allegato al contratto quadro, i singoli strumenti[4].
In relazione alla erronea profilatura e conseguente inadeguatezza, circa le sottoscrizioni autografe delle interviste MiFid, l’orientamento dell’ACF è quello secondo cui con la sottoscrizione l’investitore assuma la paternità della dichiarazioni in esso contenute, e per il principio di autoresponsabilità, non può che ritenersi ad esse vincolato, dovendo lo stesso investitore avvedersi di ciò che sottoscrive, senza accettare supinamente dei comportamenti eventualmente scorretti dell’intermediario; operando, quindi, come parte attiva del processo di investimento[5].
Nel caso di specie, è stato controverso l’acquisto dei titoli, poiché si lamentava che fosse avvenuto in regime di consulenza, circostanza contestata dall’intermediario, che affermava di aver trattato l’operazione in regime di ricezione e trasmissione ordini; ciò ha trovato risconttro e conferma, sotto un profilo formale nelle “condizioni generali di contratto per il servizio di consulenza in materia di investimenti e per il servizio di collocamento”. Tuttavia, secondo l’Arbitro, il dato contrattuale non assume carattere in sé dirimente, scontrandosi con altri elementi fattuali contrari. Nella fattispecie in oggetto, sono emersi per almeno tre dei quattro titoli contestati, elementi sul fatto che il promotore abbia prestato un servizio di natura consulenziali. Infatti, per il Collegio ACF, non è probabile che un intermediario, con uno standing come quello del resistente utilizzi il termine proposta, ignorandone la valenza giuridica, non valutando neanche l’impatto sulla clientela di tale denominazione. Anche perché l’indice sintetico di rischio (ISR) del portafoglio, a seguito della simulazione degli acquisti delle obbligazioni, diminuiva invece di aumentare, nonostante la sottoscrizione di obbligazioni ad alto rendimento e rating compromessi.
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[1] Cfr. ACF, 3 ottobre 2023, nn. 6870-6872; ACF, 20 settembre 2023, n. 6818; ACF, 29 agosto 2023, n. 6752; ACF, 22 agosto 2023, nn. 6726-6724; ACF, 17 luglio 2023, n. 6706; ACF, 17 luglio 2023, n. 6704; ACF, 12 luglio 2023, n. 6690; ACF, 30 giugno 2023, nn. 6645-6646; ACF, 20 aprile 2021, n. 3633.
[2] Cfr. Trib. Milano, 22 novembre 2022, n. 12097.
[3] L’art. 31 Regolamento Intermediari ratione temporis vigente, esigeva di fornire le informazioni “sulle caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, nonché i rischi propri di tale tipo di strumento in modo sufficientemente dettagliato” al fine di “consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”.
[4] Cfr. ACF, 30 maggio 2023, n. 6569; ACF, 27 aprile 2023, n. 6504; ACF; 3 ottobre 2023, n. 6870.
[5] Cfr., ex multis, ACF, 31 maggio 2023, n. 6582.
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Info sull'autore
Laureato in Giurisprudenza, presso l'Università Roma Tre, con una tesi in diritto privato, sulla fideiussione del socio, del consumatore e del familiare. Ha svolto la pratica forense, occupandosi principalmente di diritto civile e diritto amministrativo, in uno studio legale a Roma. Ha conseguito il Master di secondo livello in "Diritto d'impresa" presso la Luiss School of Law - Università Luiss Guido Carli. Collabora con riviste giuridiche online.