Nota a App. Napoli, Sez. III, 13 settembre 2023, n. 4116.
La sentenza qui in commento è di sicuro e rilevante interesse per le diverse questioni processuali affrontate.
La Corte d’Appello di Napoli non definitivamente pronunciando in ordine a domanda di ripetizione dell’indebito conseguente a nullità delle clausole inerenti i rapporti di C/C per interessi ultralegali, anatocistici, commissioni e spese, ha ritenuto in riforma dell’impugnata sentenza la nullità delle clausole disponendo il richiamo del ctu per l’esatto calcolo dell’importo da ripetersi.
Le questioni di natura processuale trattate nella sentenza sono molteplici, ma andiamo per ordine.
Il Giudice di prime cure dichiarava l’inammissibilità delle domande attoree per i seguenti motivi: in primo luogo riteneva che il fatto che il rapporto di C/C in essere fosse ostativo alla ripetizione dell’indebito, in secondo luogo, declarava carenza di interesse in relazione all’accertamento del saldo del rapporto ritenendo altresì che l’attore non aveva operato alcuna contestazione specifica con conseguente inutilizzabilità delle risultanze peritali acquisite in quanto suppletive dell’onere probatorio gravante sull’attore.
In relazione all’inammissibilità della domanda di ripetizione in pendenza di rapporto di C/C è necessario far riferimento alle diverse qualificazioni attribuite alla chiusura del rapporto rispetto alla domanda di ripetizione: elemento costitutivo, presupposto processuale o condizione dell’azione? Il Collegio non ha ritenuto meritevole nessuna delle predette ricostruzioni.
L’organo giudicante, agganciandosi al dettato normativo di cui al 2033 c.c. ha evidenziato che la disposizione codicistica richiede, ai fini dell’utile esperimento della relativa azione, che vi sia stato un “pagamento” (inteso come trasferimento di patrimonio) dal solvens all’accipiens e che detto trasferimento sia avvenuto senza causa giustificativa. Infatti, ad avviso del Collegio, la chiusura del C/C rappresenta un dato che va necessariamente tenuto al di fuori della struttura del 2033 c.c. e ancor di più da quella del presupposto processuale o della condizione dell’azione rimanendo la pendenza del rapporto una questione di merito destinata ad incidere sugli oneri probatori e sul diritto di eccezioni (ferma anche la rilevabilità d’ufficio).
Pertanto, nel caso di specie, la domanda risulta sì essere ammissibile ma, stante l’impossibilità di cristallizzare, in costanza di rapporto, la somma da ripetere, deve essere rigettata. La logica conclusione è, quindi, che la pendenza del rapporto si configura come fatto ostativo alla ripetizione.
In relazione, invece, alla domanda di accertamento del saldo al momento della proposizione dell’azione, stante la condivisione di un nucleo di fatti comune a quella ex art. 2033 c.c., ma il più ristretto thema decidendum (l’accertamento negativo non è subordinato all’esistenza, individuazione e prova di un pagamento) la rende proponibile anche in pendenza di rapporto.
Una volta stabilità l’ammissibilità della domanda, nel merito, la Corte ha ritenuto non più in contestazione i profili di illiceità delle singole clausole stante la ctu in atti mentre, ha analizzato la questione dell’omessa pronuncia, da parte del Tribunale, sull’istanza dell’ordine di esibizione, ex art. 210 c.p.c. per mancato esperimento dell’istanza stragiudiziale ex art. 119 TUB.
Il Collegio, rifacendosi alla ratio del 119 tub e alla nota giurisprudenza sul punto ha ritenuto ammissibile (in relazione all’ultimo decennio) la sola istanza ex art. 210 c.p.c. a condizione che sia stato allegato e documentato il vano esperimento del rimedio sostanziale ex art. 119 TUB.
L’analisi del merito, prosegue, concludendo con le indicazioni necessarie per la ricostruzione del saldo riportandosi alle note SS. UU. pronuncia n. 24418/2010 che ha effettuato una fondamentale distinzione tra rimesse di carattere solutorio e ripristinatorio.
La predetta pronuncia in relazione ad azione di ripetizione di indebito da parte del cliente ha ritenuto soggetta all’ordinaria prescrizione decennale l’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto funzione ripristinatoria mentre per le rimesse solutorie, versamenti effettuati non con funzione di ripristino ma di copertura dell’oltre fido concesso, la prescrizione ricorre dalla data di annotazione di ogni singola posta di addebito.
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Info sull'autore
Laureata in Giurisprudenza, presso l’Università degli studi dell’Insubria, con tesi in diritto fallimentare. Avvocato in Lecco, con esperienza in contenzioso civile, procedure esecutive, diritto societario e arbitrato.