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Nota a Cass. Civ., Sez. I, 26 settemebre 2023, n. 27390.

di Sara Rescigno

Tirocinante ACF

La controversia presa in esame, nell’ambito della nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, affronta il tema del riparto dell’onere della prova in caso di azione di ripetizione dell’indebito e di connessa eccezione di prescrizione.

Più nel dettaglio, i Ricorrenti, dopo aver proposto la nullità dei contratti di apertura di credito in conto corrente sottoscritti con la Banca odierna resistente per mancanza di forma scritta con conseguente nullità dell’applicazione nel tempo di interessi ultralegali e spese, hanno impugnato la sentenza della Corte di Appello nella parte in cui quest’ultima ha accolto l’eccezione di prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito sollevata dalla Banca sul presupposto che i medesimi non avevano, pur avendone l’onere, dimostrato l’esistenza di un contratto di apertura di credito in grado di qualificare i relativi versamenti come mero ripristino della disponibilità accordata, spostando così l’inizio del decorso della prescrizione alla chiusura del conto.

Secondo i Ricorrenti, al fine di sostenere la propria eccezione di prescrizione, la Banca avrebbe dovuto provare la mancanza dell’apertura di credito e la natura ripristinatoria dei versamenti effettuati sul conto.

Nel ritenere infondate le censure sollevate dai Ricorrenti, la Suprema Corte ha innanzitutto chiarito che l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati[1].

Secondo la Corte, non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non dal momento in cui sia intervenuto un atto giuridico definibile come pagamento, che l’attore pretende essere indebito perché, prima di quel momento non è configurabile alcun diritto di ripetizione.

In tale occasione, la Corte di Cassazione ha anche ribadito quando si è in presenza di versamenti solutori della provvista (considerati pagamenti) e di versamenti ripristinatori della provvista.

Qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto passivo (o scoperto), cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento, allora dovrà dirsi che quei versamenti integrino la nozione di pagamento. In caso contrario, quando il passivo non ha superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, si parla di meri atti ripristinatori della provvista.

In merito al riparto dell’onere della prova, la Corte ha poi chiarito che: a) il cliente, il quale agisce ex art. 2033 c.c. per la ripetizione dell’indebito corrisposto alla banca nel corso del rapporto di conto corrente, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto vantato, vale a dire, a fronte dell’annotazione di poste passive sul suo conto corrente nell’assunto costituenti dazione indebita, il fatto impeditivo, consistente nell’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio, spostando così l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto; b) la Banca, che eccepisce la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dalle annotazioni passive in conto quale fatto estintivo, ha l’onere di allegare l’inerzia, il tempo del pagamento ed il tipo di prescrizione invocata. In tal caso, l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la Banca ne abbia allegato il fatto costitutivo, vale a dire l’inerzia del titolare, e manifestato la volontà di avvalersene[2].

Nel caso di specie, i Ricorrenti non hanno assolto a suddetto onere probatorio, dal momento che non hanno dimostrato l’esistenza di un’apertura di credito idonea a spostare il decorso del termine di prescrizione decennale al momento della chiusura del conto.

 

 

 

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[1] Cfr., Cass., SS.UU., n. 24418 del 2010

[2] Cfr., Cass., 1064 del 2014; Cass., n. 32485 del 2019.

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