Nota a Cass. Civ., Sez. III, 1 settembre 2023, n. 25635.
La recente ordinanza in oggetto, pronunciata dalla Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, costituisce un approdo favorevole per gli investitori in materia di obblighi informativi degli intermediari finanziari nonché in tema di onere probatorio gravante sulle banche in caso di richiesta di risarcimento danni per servizi di investimento “inadeguati”.
In primo luogo, la Cassazione ha ritenuto di inserire l’attività di intermediazione finanziaria nell’ambito della responsabilità ex art. 1218 c.c. ritenendo che «all’ art. 2236 cod. civ. non va conseguentemente assegnata rilevanza alcuna ai fini della ripartizione dell’onere probatorio, incombendo in ogni caso al professionista dare la prova della particolare difficoltà della prestazione»[1] e, conseguentemente, ha cassato la decisione del giudice di merito nella parte in cui non ha rilevato l’onere probatorio gravante sulle banche resistenti. A tal proposito, è opportuno richiamare una recentissima sentenza della Cassazione n. 18293/2023 con cui è stato ribadito il consolidato principio per cui «nei contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento l’intermediario finanziario ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, la Corte ha osservato che al riscontro dell’inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue l’accertamento in via presuntiva del nesso di causalità tra il detto inadempimento e il danno patito dall’investitore: presunzione che spetta all’intermediario superare, dimostrando che il pregiudizio si sarebbe comunque concretizzato quand’anche l’investitore avesse ricevuto le informazioni omesse. La presunzione di sussistenza del nesso causale così delineata, pur suscettibile di prova contraria, scaturisce dalla funzione assegnata dal sistema normativo all’obbligo informativo gravante sull’intermediario, che è preordinato al riequilibrio dell’asimmetria strutturale del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore»[2].
In secondo luogo, il giudice di legittimità ha altresì ritenuto erroneo il ragionamento di tipo presuntivo seguito dal giudice di merito, il quale ha tratto dalla presenza di ulteriori investimenti compiuti dal cliente un indice per escludere che lo stesso non fosse consapevole della rischiosità dell’operazione. Difatti, la Suprema Corte ha chiarito più volte che l’assolvimento degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario non può essere assolto basandosi esclusivamente sul «profilo soggettivo del cliente, dal suo rifiuto di fornire indicazioni su di esso o soltanto dalla sottoscrizione dell’avvenuto avvertimento dell’inadeguatezza delle operazioni in forma scritta, essendo necessario che l’intermediario, a fronte della sola allegazione contraria dell’investitore sull’assolvimento degli obblighi informativi, fornisca la prova positiva, con ogni mezzo, del comportamento diligente della banca. Tale prova può essere integrata dal profilo soggettivo del cliente o da altri convergenti elementi probatori ma non può essere desunta soltanto da essi[3].».
Nella pronuncia in commento la Corte di Cassazione affronta altresì la problematica della diligenza richiesta all’intermediario finanziario riconducendola sotto la disciplina dell’art. 1776, comma 2, c.c in combinato con quanto disposto dall’art. 2236 c.c. Nel caso di specie, la Corte ravvisa nell’attività di intermediazione finanziaria un’attività “particolarmente qualificata” che determina un incremento del grado di diligenza richiesta. A tal proposito, per rimarcare il livello di diligenza richiesta all’intermediario, è utile richiamare la normativa di settore che impone allo stesso di svolgere delle specifiche valutazioni in ordine alla coerenza/adeguatezza del prodotto consigliato rispetto al profilo di rischio che il cliente intende assumere[4].
Inoltre, il giudice di legittimità ha cassato la decisione assunta dal giudice di secondo grado anche con riferimento alla contraddittorietà delle affermazioni contenute in sentenza in quanto «la corte di merito ha invero contraddittoriamente affermato, da un canto, che l’investitore XX ha ricevuto informazioni al momento dell’investimento oggetto di causa, grazie alle quali ( a fortiori in ragione della sua particolare esperienza relativamente ai mercati finanziari ) non avrebbe potuto ignorare il rischio dell’investimento, e, per altro verso, affermato che all’epoca dell’acquisto gli stessi intermediari finanziari abilitati non avevano informazioni idonee a fare prevedere un mancato rimborso dei titoli e quindi non potessero prevedere siffatto rischio di mancato rimborso.».
Alla luce delle presenti considerazioni, i giudici di legittimità hanno accolto tutti i motivi di ricorso avanzati dall’investitore, cassando e rinviando alla Corte d’Appello di Bologna la decisione sulla presente controversia.
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[1] Cfr. Cass. Civ., sez. III, 1° settembre 2023, n. 25635.
[2] Cfr. Cass. Civ., sez. I, 5 maggio 2023, n. 18293.
[3] Vedi anche Cass. Civ., Sez I, 11 novembre 2023, n. 33596 in cui è stato ribadito che «gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario finanziario sono preordinati al fine di favorire scelte realmente consapevoli da parte dell’investitore, sussistendo pertanto una presunzione legale in ordine alla esistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio all’investitore, in relazione alla quale l’intermediario può offrire prova contraria che, però, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio del cliente, desunta da scelte pregresse intrinsecamente rischiose, poiché anche l’investitore speculativamente orientato, e disponibile ad assumere rischi elevati, deve poter valutare la sua scelta nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che l’intermediario gli deve segnalare.».
[4] Cfr. art. 29 del Regolamento Intermediari del 1998 nel sistema pre-MiFID.
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Info sull'autore
Nel 2022 si laurea con un anno di anticipo in Giurisprudenza riportando la votazione di 110 e lode presso l’Università Luiss Guido Carli, discutendo una tesi in diritto di famiglia, titolata “Acquisti compiuti dai coniugi in costanza di comunione dei beni e sorte dei diritti di credito”. Ha svolto un periodo di tirocinio presso la sezione tributaria della Corte di Cassazione. Attualmente svolge la pratica forense presso l’Avvocatura della Regione Toscana occupandosi prevalentemente di diritto civile ed amministrativo.