Nota a ACF, 30 agosto 2023, n. 6755.
La controversia presa in esame concerne il tema del non corretto adempimento degli obblighi inerenti alla prestazione di un servizio di investimento, in particolare sotto il profilo della carenza dell’informazione preventiva e sotto il profilo della mancata valutazione di appropriatezza, connesso alla pregressa operatività di Parte Ricorrente in prodotti finanziari (ETC) oggetto di negoziazione.
Nel dettaglio, Parte Ricorrente, dopo la perdita complessiva della somma pari ad euro 109.563,08 investita in ETC, ha contestato all’Intermediario: a) l’assenza di un contratto quadro, con la conseguente nullità delle operazioni in oggetto, ai sensi dell’art. 23, D.lgs. 58/1998; b) la non appropriatezza o non adeguatezza dello strumento, data la mancanza delle relative valutazioni; c) la violazione degli obblighi informativi, dal momento che ‘’non sono state fornite informazioni appropriate affinché si potesse ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumento finanziario in questione’’.
L’Intermediario si è difeso contestando a Parte Ricorrente: a) l’esistenza di valida documentazione contrattuale, versando in atti il modulo sottoscritto dalla medesima; b) l’esistenza di una corretta profilatura; c) l’appropriatezza degli investimenti oggetto di controversia; d) la conoscenza dei titoli oggetto di contestazione, avvalorata dalla pregressa operatività nei titoli medesimi; d) il corretto assolvimento degli obblighi informativi precontrattuali, confermato dalla schermata del sito dedicata all’ETC dove erano contenute tutte le informazioni che dovevano essere fornite alla clientela. Trattandosi poi di prodotti complessi, l’Intermediario ha allegato anche un dettaglio della schermata relativa al passaggio bloccante riferito alla presa visione del KID.
Dopo aver esaminato tutta la documentazione prodotta, l’Arbitro ha ritenuto non meritevole di accoglimento il ricorso.
Innanzitutto, l’Arbitro ha osservato che la domanda di nullità formulata da Parte Ricorrente è infondata, dal momento che l’Intermediario ha depositato in atti la copia del modulo di apertura del rapporto sottoscritto dalla medesima nel 2000.
Successivamente, il Collegio ha esaminato due profili.
In relazione alla valutazione di appropriatezza, l’Arbitro ha sostenuto che il profilo finanziario di Parte Ricorrente ‘‘risultava tutt’altro che quello di un’investitrice inesperta’’.
Più nel dettaglio, l’Arbitro ha verificato l’esistenza di dichiarazioni corrette rese da Parte Ricorrente in sede di profilatura che confermavano la sua comprovata conoscenza ed esperienza in strumenti finanziari e i significativi investimenti in ETC effettuati negli anni precedenti.
Secondo l’Arbitro, il profilo di Parte Ricorrente e la sua abituale operatività sugli ETC oggetto del ricorso hanno indotto l’Intermediario a ritenere tutte le operazioni contestate come appropriate, e tale circostanza è stata confermata dalla documentazione versata in atti.
Con riferimento alla valutazione di adeguatezza, invece, l’Arbitro ha chiarito che l’Intermediario, non avendo prestato il servizio di consulenza, non era tenuto ad effettuare tale valutazione.
Con specifico riguardo agli obblighi informativi nella fase precontrattuale, l’Arbitro ha precisato che i log versati in atti dall’Intermediario hanno provato che gli ordini di investimento relativi agli ETC in contestazione sono stati inseriti direttamente dalla scheda contenente tutte le informazioni rilevanti in merito allo specifico titolo contestato.
In proposito, giova evidenziare che, in precedenti pronunce, l’Arbitro ha affrontato la questione relativa all’ammissibilità come mezzo di prova dei rapporti tecnici e delle evidenze informatiche prodotte dall’intermediario al fine di provare gli accessi effettuati dal ricorrente alla piattaforma di home banking.
Le ragioni di celerità sottese al procedimento dinanzi all’ACF, la sua natura sommaria, nonché il carattere non vincolante delle relative decisioni, non consentono di poter disporre una consulenza tecnica volta a verificare la correttezza e la fedeltà dei report e delle evidenze informatiche interne degli intermediari. Piuttosto, in una prospettiva di buona fede processuale, ha ricordato l’Arbitro, si deve presumere che l’intermediario non abbia manomesso i propri report al solo fine di poter eventualmente prevalere in una specifica controversia arbitrale, non foss’altro che per i profili di responsabilità, anche in termini di vigilanza, a cui una condotta siffatta lo esporrebbe[1].
Tuttavia, nel caso di specie, l’Arbitro ha comunque valorizzato la pregressa operatività di Parte Ricorrente nei titoli oggetto di contestazione: a detta dell’Arbitro, anche in presenza di una prova certa della documentazione prodotta, la Ricorrente non si sarebbe comunque astenuta dall’effettuare le operazioni di investimento dalla medesima contestate.
Per tale motivo, in conclusione, il Collegio ha ritenuto di applicare il proprio costante indirizzo secondo il quale il nesso di causalità̀ tra eventuali inadempimenti e il danno è da considerarsi interrotto là dove dalla documentazione in atti emergevano, come nel caso in discussione, elementi tali da indurre ragionevolmente a ritenere che la decisione di investimento fosse il frutto di una scelta libera e consapevole dell’investitore.
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[1] Cfr., ACF, decisione n. 1741/2019.
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Info sull'autore
Impiegata di primo livello presso la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e, in precedenza, tirocinante ACF Consob, si è laureata presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II", con tesi in diritto commerciale. Durante il suo percorso universitario ha conseguito conoscenze specifiche nel settore del diritto commerciale, bancario e dei mercati finanziari. Nelle suindicate materie, è inoltre autrice di pubblicazioni scientifiche