Se la leggenda del nonno narra a Genia che la birra sia stata inventata dalle donne, è realtà inconfutabile che la Menabrea debba il suo successo proprio alle donne di casa: Eugenia Squindo (vedova di Carlo Menabrea) senza perdersi d’animo, alla morte del marito, lascia che a gestire la fabbrica sia il proprio fratello, ma solo fino a quando le figlie (e Genia in particolare) non raggiungeranno l’età adulta o “da marito” che dir si voglia, per consentire, poi, alla fabbrica, una lunga vita gestita dai legittimi eredi di quel Nome.
Genia Menabrea sin da bambina seguirà il procedimento di birrificazione, apprendendone meccanismi e segreti, sostenendo sempre il marito nella gestione del birrificio negli anni dell’età adulta. Lei, la secondogenita di Carlo, è la prescelta per continuare la passione e il lavoro di famiglia: il nonno ed il papà avevano puntato sin da subito su di lei per quel ruolo, per la sua curiosità, l’ardire, l’audacia, la voglia di non darsi mai per vinta.