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Nota a ABF, Collegio di Roma, 23 maggio 2023, n. 5018.

Massima redazionale

Con riguardo alla presunta vessatorietà della clausola di determinazione del TAN contenuta nell’art. 3 del contratto, il comma 1, rubricato “Interessi”, dispone che “alla data di erogazione del Finanziamento nonché per il periodo di preammortamento e per quello di ammortamento, si applica al Finanziamento un tasso variabile pari alla quotazione dell’Euribor a 3 (tre) mesi calcolato sulla base della rilevazione alla fine del trimestre precedente moltiplicato per il coefficiente 365/366 (l’\Euribor” o \tasso base”). L’Euribor, come sopra rilevato sarà maggiorato di 4,20 punti percentuali in ragione d’anno (lo \Spread” e congiuntamente all’Euribor, il \Tasso di Interesse”)”. Il successivo comma 2, rubricato “Euribor negativo”, stabilisce altresì che “Il Tasso di Interesse per ogni periodo di interessi è pari alla somma algebrica dell’Euribor applicabile e dello Spread. Nel caso in cui l’Euribor sia negativo, il Tasso di Interesse per il relativo periodo di interessi sarà pari allo Spread”.

È pacifica tra la parti l’esistenza di una clausola floor nell’art. 3.2 del contratto di finanziamento, in relazione alla quale la ricorrente contesta la sua vessatorietà e, dunque, la sua illegittimità per non essere stata specificamente approvata per iscritto, circostanza anche questa incontestata tra le parti.

La vessatorietà della clausola in esame non può essere vagliata alla luce degli artt. 33 ss. cod. cons., atteso che la ricorrente non è un consumatore e che la sua connotazione quale microimpresa consente l’estensione della tutela prevista per i consumatori dagli artt. 18-27 cod. cons. in materia di pratiche commerciali scorrette, non anche quella concernente i “rapporti di consumo” e il contenuto dei contratti conclusi con i consumatori.

Per quanto concerne la valutazione della vessatorietà in base all’art. 1341, comma 2, c.c., quest’ultimo, come noto, dispone che sono vessatorie “le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”. In linea con il costante orientamento arbitrale, si osserva che la clausola floor non è in sé vessatoria, attenendo alla determinazione delle condizioni economiche del contratto, contenuto diverso da quello delle pattuizioni elencate in via tassativa dall’art. 1341, comma 2, c.c., ai fini della specifica sottoscrizione, la cui applicazione al caso di specie non è possibile neppure in via meramente estensiva, esclusa in ogni caso quella in via analogica[1].

La clausola floor potrebbe configurarsi illegittima sotto questo aspetto solo se formulata in modo ambiguo o non chiaramente intellegibile; nel caso di specie, è espressamente contenuta nel Contratto ed è inserita in modo chiaro e visibile nello stesso articolo dedicato alla determinazione del tasso di interesse quale elemento essenziale del finanziamento[2].

In conclusione, la disposizione contrattuale deve, dunque, essere considerata legittima.

 

 

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[1] V. Cass. 29 maggio 2014, n. 12044.

[2] Cfr. ABF, Collegio di Napoli, n. 8843/2022; ABF, Collegio di Roma, n. 6953/2022; ABF, Collegio di Roma, n. 6936/2022; ABF, Collegio di Milano, n. 11583/2018.

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