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Nota a Cass. Civ., Sez. I, 2 agosto 2023, n. 23493.

Massima redazionale

In ordine alla distribuzione degli oneri probatori in tema di conto corrente, la giurisprudenza di legittimità ha affermato[1] che, nei rapporti bancari di conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio; segnatamente:

  • nella prima ipotesi, l’accertamento del dare – avere può attuarsi con l’impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono, inoltre, valorizzarsi quegli elementi (quali, ad esempio, le ammissioni del correntista stesso) idonei quantomeno a escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti; in mancanza di tali dati, la domanda deve essere respinta.
  • nel caso di domanda proposta dal correntista, l’accertamento del dare – avere può, del pari, attuarsi con l’utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può, inoltre, avvalere di quegli elementi i quali consentano di affermare che il debito, nell’intervallo temporale non documentato, sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che permettano addirittura di affermare che in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato.

È stato così chiarito che laddove sia la banca ad agire in giudizio e il primo degli estratti conto prodotti rechi un saldo iniziale a debito del cliente, è consentito scrutinare tutte le prove idonee a fornire indicazioni certe e complete e che diano giustificazione del saldo maturato al principio del periodo per cui risultano prodotti gli estratti conto, potendo prendere in considerazione quegli ulteriori elementi che, pur non fornendo indicazioni precise idonee a ricostruire tutto il percorso del dare – avere del rapporto negoziale, consentano quantomeno di escludere che il correntista, nel periodo per cui gli estratti sono mancanti, abbia maturato un indeterminato credito, piuttosto che un debito, nei confronti della banca, con la conseguenza che, per quanto sopra indicato, in quest’ultima ipotesi è possibile assumere, come dato di partenza per la rielaborazioni delle successive operazioni documentate, il c.d. saldo zero. In mancanza di elementi, nei due sensi sopra indicati, la domanda dovrà essere respinta, per il mancato assolvimento dell’onere della prova incombente sulla banca che ha intrapreso il giudizio.

Ove sia il correntista ad agire in giudizio per la ripetizione e il primo degli estratti conto prodotti rechi un saldo iniziale a suo debito, è del pari legittimo ricostruire il rapporto con le prove che offrano indicazioni certe e complete e che diano giustificazione del saldo riferito a quel momento; è, inoltre, possibile prendere in considerazione quegli ulteriori elementi che consentano di affermare che il debito nel periodo non documentato sia inesistente o inferiore al saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che addirittura in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; in mancanza di elementi nei due sensi indicati dovrà assumersi, come dato di partenza per la rielaborazioni delle successive operazioni documentate, il detto saldo.

Il totale rigetto della domanda nella prima ipotesi, e non anche nella seconda, si spiega perché, nel caso in cui la Banca è attrice, essa deve fornire una base certa per la rielaborazione del conto e tale base non è offerta se la medesima non riesca ad eliminare l’incertezza quanto al fatto che al momento iniziale del periodo rendicontato il correntista potesse essere creditore di un importo di indeterminato ammontare; laddove la Banca assume la veste di convenuta, è, del tutto antiteticamente, il correntista a dover dissolvere l’incertezza relativa al pregresso andamento del rapporto, sicché, in assenza di contrari riscontri, la base di calcolo potrà attestarsi sul saldo iniziale del primo degli estratti conto acquisiti al giudizio, che, nel quadro delle risultanze di causa, è il dato più sfavorevole allo stesso attore.

In conclusione, può (ri)affermarsi, senza soluzione di continuità, il pacifico e consolidato principio per cui, nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa[2].

Con precipuo riferimento al caso di specie, consegue che, avendo affermato la Corte territoriale che, una volta dimostrata la nullità e illegittimità delle clausole negoziali e delle relative appostazioni di interessi non dovuti, spettava al correntista (che aveva richiesto la rettifica del saldo del conto corrente) la prova del relativo diritto creditorio in suo favore maturato dalla gestione del conto, nessuna violazione dell’invocato art. 2697 c.c. è rintracciabile, essendo stati correttamente distribuiti dai giudici del merito gli oneri probatori gravanti sulle parti.

A giudizio del Collegio, non sono passibili di condivisione neppure le critiche alla ratio decidendi adottata dai giudici di appello in ordine alla riduzione del quantum debeatur, già disposto dal Tribunale in favore del correntista, in seguito all’accertamento dell’illegittimità delle appostazioni di interessi non dovuti sul conto corrente dell’odierno ricorrente.

Difatti, è pur vero che, nei più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità, è stato affermato (a completamento di quanto già sopra ricordato in tema di distribuzione degli oneri probatori e in relazione anche alle modalità di prova delle “contrapposte” domande) che, a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto, è sempre possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso l’impiego di mezzi di prova ulteriori, purché questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto rapporto[3]. La prova dei movimenti del conto può, pertanto, desumersi anche “aliunde[4], avvalendosi eventualmente dell’opera di un consulente d’ufficio che ridetermini il saldo del conto in base a quanto emergente dai documenti prodotti in giudizio[5]. Si è, consequenzialmente, ritenuto che «la produzione dell’estratto conto, quale atto riassuntivo delle movimentazioni del conto corrente, può offrire la prova del saldo del conto stesso in combinazione con le eventuali controdeduzioni del correntista e le altre risultanze processuali; là dove tali movimentazioni siano ricavabili anche da altri documenti, come, nella specie, dai riassunti scalari, attraverso la ricostruzione operata dal consulente tecnico d’ufficio, secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito, ciò basta ai fini probatori»[6].

Pur tuttavia, è altrettanto vero che, per un verso, i giudici del merito hanno, nella fattispecie in esame, correttamente ammesso c.t.u. contabile proprio al fine di addivenire ad una più puntuale ricostruzione dell’andamento del conto corrente e per la rettifica del saldo stesso e che, per altro verso, la Corte territoriale, innanzi ad un quadro probatorio documentale offerto dal correntista in modo incompleto, non si è astenuta dalla corretta ricostruzione del saldo contabile, ma anzi ha, in modo altrettanto corretto, censurato il modus operandi del primo giudice che aveva accolto una ipotesi ricostruttiva (operata dal CTU, anche con un’appendice autocritica) che si fondava su una mera operazione matematica (quella del c.d. “saldo di raccordo”), completamente svincolata da qualsiasi serio criterio ricostruttivo documentale e, al tempo stesso, affidata a un algoritmo non verificabile, così aderendo ad altra e più attendibile opzione ricostruttiva, sempre operata dal CTU contabile, nell’elaborato peritale.

 

 

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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 02.05.2019, n. 11543.

[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 29.10.2020, n. 23852.

[3] Cfr. Cass. n. 11543/2019; Cass. n. 9526/2019.

[4] V. Cass. n. 29190/2020.

[5] V. Cass. n. 20621/2021.

[6] Cfr. Cass. n. 16837/2022; Cass. n. 1538/2022; Cass. n. 1040/2022.

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