Nota a Trib. Perugia, Sez. II, 1 giugno 2023.
Il Tribunale Civile di Perugia, in una recente ordinanza emessa nell’ambito di un contenzioso avviato da un consumatore nei confronti di una banca e sua cessionaria del credito ex l. n. 130/1999, per ottenere l’accertamento della nullità di una fideiussione prestata a favore di una banca per violazione della Direttiva 93/13/CEE, in uno alla relativa normativa nazionale di attuazione, ha statuito che:
1) la fideiussione in questione non è da annoverare tra i contratti bancari per i quali l’esperimento della mediazione obbligatoria ex art. 5 D.lgs n. 28/2010 ss. mm. è richiesta come condizione di procedibilità della domanda giudiziale;
2) quand’anche intervenga una cessione del credito realizzata ai sensi della Legge sulla Cartolarizzazione ma non del contratto/rapporto, permane in capo alla banca cedente la titolarità del contratto di fideiussione, di talché quest’ultima è ben legittimata a subire l’azione di nullità del contratto per come avviata dal garante, con la conseguenza che del tutto infondata è l’eccezione sollevata al riguardo dalla banca convenuta.
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Quanto al primo aspetto, il Tribunale afferma, in linea con l’orientamento già espresso in giurisprudenza (cfr. Cass., n. 31209/2022; Cass., n. 9204/2020; Cass., n.15200/2018), il principio per cui nei giudizi in cui si controverta in ordine all’invalidità di un contratto di fideiussione per operazioni bancarie, il tentativo di mediazione obbligatoria non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, non essendo in questi casi la fideiussione, seppur prestata su moduli predisposti dalla banca, da annoverarsi tra i contratti bancari ex art. 5, co. 1 bis, D.lgs. n. 28/2010.
In sostanza, il Tribunale esclude l’obbligatorietà della mediazione sul presupposto dell’esclusione della tipicità della fideiussione prestata a favore delle banche come contratto bancario, restando la fideiussione sempre un contratto regolato dal codice civile anche se prestata per operazioni bancarie.
Gli approdi del Tribunale e prima ancora della Cassazione, seppur resi in ambito di mediazione obbligatoria, offrono lo spunto per affrontare un altro tema spinoso in tema di fideiussioni per operazioni bancarie, vale a dire quello della qualificazione della loro natura giuridica.
E’ noto che nel contenzioso attuale le difese delle banche, in particolare nell’ambito delle controversie per nullità antitrust di fideiussioni-schema ABI, siano sempre più orientate a tentare di qualificare le fideiussioni prestate dai garanti su modelli predisposti dalla banca-professionista, e a loro volta ricalcanti lo schema ABI, come contratti sostanzialmente atipici sganciati dall’archetipo civilistico dell’istituto della fideiussione (artt. 1936 e ss. c.c.), facendo leva su una serie di clausole standard inserite nel relativo modello, peraltro fortemente peggiorative della posizione del fideiussore-aderente.
Così facendo, in sostanza, le banche-predisponenti sembrano rivendicare una sorta di “paternità” del contratto di fideiussione per operazioni bancarie, quasi come a volerlo socialmente tipizzare alla stregua di un prodotto (la “fideiussione bancaria”) sottoposto ad una disciplina standardizzata “creata” dall’impresa bancaria, oltre i limiti tracciati dal legislatore per la fideiussione civilistica.
Detto tentativo di qualificazione si scontra tuttavia con i principi evincibili dalle pronunce della Cassazione sopra citata laddove in sostanza si afferma, tra l’altro in linea con altre pronunce di legittimità (v. Cass., S.U. n. 8472/2022), che la fideiussione usata in ambito bancario non è un contratto bancario ma un contratto di diritto civile.
Dalle pronunce della Cassazione emerge la conferma del fatto che la fideiussione, ancorché prestata per operazioni bancarie, è solo una ed è quella normata dagli artt. 1936 ss. c.c., con possibilità, peraltro, di apportare deroghe allo schema legale tipico rimesse all’autonomia delle parti che in tanto possono considerarsi lecite nel nostro ordinamento in quanto si muovano nell’ambito dei limiti della meritevolezza.
E del resto, una tale soluzione si rinviene, a ben vedere, anche nelle statuizioni rese dall’Autorità Antitrust con il noto Provvedimento n. 55/2005 che, in sostanza, ha sanzionato l’intesa realizzata tra le banche, sotto il profilo della violazione della normativa a tutela della concorrenza, in tema di contrattualistica sulle fideiussioni per operazioni bancarie perché di fatto volta a snaturare, con la creazione di un prodotto standardizzato dell’impresa bancaria, la fideiussione civilistica mediante previsione di condizioni uniformi comportanti aggravi della posizione del garante non giustificati, però, da alcuna esigenza di tutela del credito e quindi del mercato concorrenziale.
Evidente che una trattazione esaustiva di tale complessa e dibattuta tematica non possa essere affrontata in questo contributo che, difatti, sulla scorta del provvedimento del Tribunale perugino, vuole solo offrire lo spunto per indurre all’approfondimento sul tema della qualificazione della natura giuridica della fideiussione per operazioni bancarie, riportandolo, sulla base dei principi espressi seppur utilizzati per altre finalità decisorie, al tipo civilistico.
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Quanto al secondo profilo, il Tribunale di Perugia sancisce a chiare lettere che legittimato passivo di un’impugnativa per invalidità di un contratto è sia la banca predisponente l’accordo negoziale, la quale, quindi, non può fondatamente eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva, sia il cessionario del credito, onde in questo modo acclarare la liberazione dal vincolo negoziale, nella specie, del consumatore attore, indipendentemente dalle vicende circolatorie del credito che su quel titolo si fonda.
La conclusione del Tribunale di Perugia, la quale è certamente condivisibile anche perché logico-giuridica, non esime dal considerare come spesso nella pratica sia ricorrente la scelta difensiva della parte che interpone un’azione volta a ottenere la declaratoria di nullità di un contratto di convenire in giudizio sia la banca originaria parte negoziale, sia la SPV cessionaria del credito.
La scelta è corretta atteso che in questo modo si assicura una piena tutela a chi intenda neutralizzare gli effetti di un contratto nullo in tutto o in parte, evocando legittimamente in giudizio a questo fine sia il responsabile della conclusione del contratto nullo (nella specie la banca predisponente la fideiussione abusiva ai sensi della Direttiva 93/13/CEE), sia il soggetto che, anche solo in ragione dell’acquisto del credito basato su quel contratto nullo, ne rivendichi i relativi effetti.
D’altro canto, la scelta difensiva di evocare in giudizio sia la cedente sia la cessionaria del credito, per ottenere la declaratoria di nullità del contratto in uno ai conseguenti effetti, elide in radice il rischio di subire, come sovente accade, eccezioni di difetto di legittimazione passiva per così dire “incrociate”, vale a dire ad opera sia della cedente sia della cessionaria nel tentativo di escludere a vicenda la loro responsabilità, così quindi assicurando l’effettività della tutela rivendicata dal debitore ceduto.
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Conclusivamente, l’ordinanza in commento, seppure stringata nella motivazione in quanto resa all’esito di una prima udienza, delinea già fermi principi in punto di valutazione di eccezioni preliminari che sovente fanno ingresso in un giudizio avente a oggetto l’invalidità di un contratto concluso da un consumatore su modello predisposto da banche, in cui si innestano vicende traslative del credito fondato su quel contratto -impugnato – a favore di società di cartolarizzazione.
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