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Nota a Trib. Lecce, Sez. II, 21 marzo 2023.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nella specie, gli attori eccepivano la nullità del contratto di fideiussione, sottoscritto nel febbraio 2008, a garanzia delle obbligazioni contratte, in quanto in violazione della normativa antitrust e, in particolare, dell’art. 2 l. n. 287/1990, e, segnatamente, della clausola di deroga al regime decadenziale previsto dall’art. 1957 c.c., nonché l’intervenuta decadenza del creditore dal diritto di agire nei confronti del fideiussore per decorrenza del termine semestrale previsto da tale ultima norma. L’eccezione di nullità non è meritevole di accoglimento in quanto infondata.

Come è noto, la questione oggetto d’esame trae origine dal noto provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia e relativo al contrasto tra l’archetipo contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (nel luglio 2003) e l’art. 2, comma 1, lett. a), legge antitrust; in particolare, con tale provvedimento, la Banca d’Italia ha espresso parere negativo relativamente alle clausole di reviviscenza della fideiussione[1], di permanenza del vincolo fideiussorio in ipotesi di vicende estintive e di nullità dell’obbligazione principale[2] e di deroga all’art. 1957 c.c.[3], in quanto, ove applicate in modo uniforme, manifesterebbero lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa.

Sulla questione sono intervenute recentemente le Sezioni Unite[4], sancendo l’ormai noto principio di diritto, per cui «I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.».

Pertanto, per il caso di violazione della disciplina antitrust, accanto alla tutela meramente risarcitoria per equivalente, si configura anche la tutela reale costituita dalla nullità parziale (ovverosia limitata alle sole clausole contrattuali illecite), unica sanzione che meglio si contempera con il principio generale di conservazione dei negozi giuridici.

Ciononostante, tale principio di diritto non può correttamente ritenersi applicabile a qualsivoglia fideiussione in qualunque tempo prestata. Più precisamente e in piena adesione a un recente orientamento del Tribunale delle Imprese di Milano[5], il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia costituisce prova privilegiata dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza con riguardo alle sole fideiussioni stipulate nel medesimo arco temporale interessato dall’istruttoria del provvedimento in questione, ovverosia tra il 2002 ed il maggio 2005. Diversamente, tale efficacia probatoria deve negarsi con riguardo a quelle fideiussioni stipulate ben oltre detto periodo e, quindi, anche rispetto a quella per cui è causa, rispetto alle quali, è la parte interessata a far dichiarare la nullità delle singole clausole ad essere onerata dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie d’illecito concorrenziale di cui all’art. 2 l. n. 287/1990.

Nella fattispecie, simili allegazione e prova sono del tutto mancati; consequenzialmente, l’eccezione di nullità parziale non può che essere rigettata, perché infondata. Deve, del pari, ritenersi assorbita la conseguenziale eccezione di intervenuta decadenza della banca dal diritto di agire nei confronti degli attori conformemente a quanto previsto dall’art. 1957 c.c.

 

 

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[1] Art. 2, per cui «il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi».

[2] Art. 8, per cui «qualora le obbligazioni garantire siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate».

[3] Art. 6, per cui «i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimo o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato».

[4] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994.

[5] Inaugurato con la sentenza del 19 gennaio 2022.

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