Nota a ACF, 28 aprile 2023, n. 6515.
«[…] credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa»
Sull’informativa precedente all’investimento.
Nel modulo di apertura del conto corrente e del deposito titoli, con attivazione dei servizi di investimento, sottoscritto dal ricorrente e versato in atti, vi era dichiarazione del cliente di aver ricevuto copia di diversi altri documenti, tra i quali quello contenente le condizioni generali del contratto e il documento informativo MiFID (che l’Intermediario ha esibito in copia nelle versioni del luglio 2010, di ottobre 2010 e dicembre 2013). Riguardo al servizio prestato, malgrado il cliente, nelle deduzioni integrative, riferisca di un rapporto consulenziale intercorrente con il personale della Banca, la mancanza di elementi che riconducano la scelta di investimento per cui è lite a consigli ricevuti e, al contempo, la circostanza che l’operatività contestata sia avvenuta online, portano a escludere la prestazione del servizio di consulenza (conclusione che, invero, ingenera qualche perplessità).
Ciò premesso, quanto all’informativa fornita al ricorrente al momento degli acquisti, l’Intermediario ha riprodotto la schermata che normalmente appare ai clienti, laddove siano poste in essere operazioni online; da tale riproduzione (seppur fornita nella versione riferita ad un altro strumento finanziario, ma corredata da dichiarazione esplicativa firmata digitalmente dal Vice Direttore Generale della Direzione Global Banking Services della Banca) si evince che, rispetto al titolo selezionato, compare una prima videata contenente il prezzo, con relativo scostamento, l’indicazione del rating dell’emittente e dell’emissione, e altri valori relativi alla negoziazione (mercato, volume e prezzi della giornata), elementi che, dunque, il cliente ha avuto evidentemente modo di visionare. L’Intermediario ha, inoltre, evidenziato che tale schermata, oltre a dare la possibilità di visualizzare una sezione grafica con ulteriori dettagli sull’andamento del titolo (anch’essa riprodotta con screenshot esemplificativo) e sugli eventi ad esso collegati, presentava un link “Informativa titolo”, dal quale era possibile accedere ad una scheda prodotto, e ha versato in atti la copia delle schede (che riportano il logo della Banca e quello di EuroTLX) relative alle obbligazioni alle date degli acquisti, aggiornate al giorno precedente le operazioni contestate. Siffatte schede contengono informazioni dettagliate sull’emittente, sull’emissione e sul garante, con diversi richiami alla caratteristica speculativa dell’investimento. Sono, inoltre, descritte le componenti principali di rischio, anche con riferimenti specifici alle modalità ed ai tempi di smobilizzo ed al prezzo di riferimento, e sono presenti avvertenze sulle clausole il rimborso anticipato del prestito. Le informazioni contenute nelle schede possono ritenersi astrattamente idonee a porre il cliente-investitore in condizioni di compiere una scelta di investimento informata.
Sennonché, l’Intermediario non ha dedotto che il sistema di trading online fosse dotato di un meccanismo “bloccante”, che impedisse cioè la finalizzazione dell’operazione nell’ipotesi in cui la scheda predetta non fosse consultata; sulla base dei file di log che descrivono i passaggi svolti dal ricorrente nel corso degli ordini, né, tantomeno, è possibile stabilire con la necessaria univocità e certezza che le schede siano state effettivamente visualizzate dal cliente[1].
Alla stregua dell’orientamento consolidato della giurisprudenza arbitrale, la circostanza che il cliente si avvalga di strumenti telematici per disporre le operazioni di investimento non può avere tra i suoi effetti quello di giustificare un abbassamento della soglia di tutela, con la conseguenza che, quando il servizio di esecuzione di ordini viene prestato in modalità telematica, per poter dimostrare di aver assolto pienamente i propri obblighi di informazione l’intermediario non può limitarsi ad evidenziare l’esistenza, all’interno della propria piattaforma, di un semplice link cliccabile attraverso il quale è possibile accedere al set informativo necessario per permette all’investitore una scelta consapevole, senza che il sistema abbia un’efficacia bloccante.
Invero, in una recentissima decisione[2], avente a oggetto obbligazioni emesse dall’emittente delle medesime obbligazioni per cui qui è lite, l’ACF, sulla base della circostanza che dagli atti non emergevano elementi idonei a provare che la scheda prodotto connessa al link presente nella schermata dell’ordine fosse effettivamente stata visualizzata dal cliente, ha ritenuto l’Intermediario convenuto responsabile per non aver adeguatamente informato il cliente stesso sugli strumenti finanziari oggetto della controversia.
Con riferimento alla profilatura del ricorrente, i dati riportati nel modulo di apertura dei rapporti (del novembre 2010) evidenziano la condizione di lavoratore dipendente nel settore della Pubblica Amministrazione/Difesa, con reddito annuo netto da lavoro tra 25.001 e 50.000,00 euro, ma anche una conoscenza di livello “Alta” di tutti i prodotti contemplati (compresi fondi hedge e derivati OTC), tranne nei warrant e cover warrant e nei derivati regolamentati, per i quali risulta rispettivamente “media” e “bassa”. Non sono compilate le sezioni relative agli obiettivi di investimento e ad ulteriori dati sulla situazione finanziaria del cliente. Sono, inoltre, presenti in atti altre quattro profilature compilate tra il 2010 ed il 2016, tre delle quali compilate mediante il portale dell’Intermediario (precisamente in date del 2.12.2010, 12.12.2012 e 19.2.2016) ed una cartacea (datata 13.4.2011). Nei questionari rilevanti per l’operatività contestata, ovvero quelli del 2012 e 2016, il ricorrente confermava un livello di conoscenza (da medio ad alto) per tutti i titoli presenti, con operatività più contenuta o nulla negli ultimi cinque anni in ETF, hedge funds, certificates, futures, warrants e derivati, evidenziando inoltre obiettivi di investimento di breve termine (fino a 18 mesi) e un profilo di rischio “dinamico” associato, nel 2016, alla disponibilità di accettare un’elevata oscillazione del valore del capitale investito. Il ricorrente ha contestato le profilature esibite dall’Intermediario, sostenendone l’inattendibilità, la precompilazione da parte dei sistemi informatici della Banca e l’incongruenza in alcune risposte. Ritiene, però, il Collegio che (al di là del fatto che, con riferimento ai questionari compilati online, l’Intermediario ha esibito le tracciature dalle quali si rileva la conferma sul portale dell’inserimento degli stessi con il codice utente) in tema di profilatura vige il c.d. principio di autoresponsabilità, per cui, con la sottoscrizione del questionario, l’investitore assume la paternità delle dichiarazioni ivi contenute ed è ad esse vincolato, essendo tenuto ad operare come parte attiva del processo di investimento. Inoltre, nel caso di specie (sebbene possa cogliersi, con riferimento ad alcuni prodotti, un progressivo ridimensionamento di alcune conoscenze specifiche da parte del ricorrente), non emergono elementi sufficienti a sostenere l’inaffidabilità tout court delle profilature in relazione all’investimento in esame, posto che il ricorrente ha sempre confermato di conoscere gli strumenti obbligazionari e di avere operato frequentemente con essi. Inoltre, l’Intermediario ha versato in atti, oltre gli estratti del conto corrente, sul quale risultavano depositate le obbligazioni in lite, un file riepilogativo delle operazioni disposte tra il 2005 ed il 2017 su ulteriori dossier, dei quali la Banca sostiene che il cliente fosse cointestatario; dall’esame di questi ultimi si rilevano, già dal 2005, operazioni in azioni, SICAV, fondi e obbligazioni corporate a tasso variabile, dal 2007 disposte via web, anche aventi ad oggetto BTP ed altri titoli di debito sovrano estero. A partire dal 2012, nel conto corrente figurano anche investimenti nelle obbligazioni contestate.
Sulla base di quanto sopra, non si evincono criticità nella valutazione di appropriatezza positivamente svolta dall’Intermediario in relazione alle operazioni di acquisto in lite, e non può sostenersi che il ricorrente fosse soggetto inesperto rispetto agli strumenti obbligazionari, anche laddove connotati da un’apprezzabile rischiosità.
Sull’informativa successiva all’investimento.
Per quanto attiene all’informativa successiva all’investimento, è noto l’orientamento per cui non possa ritenersi, in via generale, sussistente in capo all’intermediario, sulla base dell’art. 21 TUF, un obbligo di monitoraggio continuo dell’andamento degli strumenti finanziari, che può derivare da particolari caratteristiche del prodotto o discendere dalla tipologia di servizio di investimento prestato dall’intermediario (come nella gestione di portafogli e nella consulenza), così come pattiziamente regolato tra le parti. Con riferimento al caso di specie, nelle rendicontazioni periodiche, che la Banca ha indirizzato al cliente, risultano evidenziati, per gli strumenti detenuti, tra l’altro, il prezzo di mercato con relativo controvalore, dal quale era possibile rilevare eventuali deprezzamenti dei medesimi. L’Intermediario ha, altresì, dedotto come, oltre alle rendicontazioni, il cliente abbia, nel corso del tempo, avuto la possibilità di consultare sul sito dell’Intermediario dati aggiornati relativamente al titolo consultando le informazioni presenti nella specifica sezione relativa al “Portafoglio di sintesi”, che evidenzia l’elenco degli investimenti e, per ogni titolo, evidenzia il prezzo di carico, il prezzo ed il controvalore di mercato, nonché la percentuale di variazione.
Dal file che riporta gli accessi effettuati dal cliente alla propria alla specifica sezione “portafoglio/i-miei-investimenti/portafoglio-elenco” dopo l’inizio dell’operatività in lite, si rilevano diversi accessi al portafoglio di sintesi, effettuati tra il 2015 ed il 2018. Infine, la Banca ha prodotto alcune comunicazioni inviate al Ricorrente (precisamente 12 e-mail inviate tra febbraio ed agosto del 2018), con le quali forniva informazioni sul piano di riorganizzazione giudiziaria del gruppo dell’emittente e delle sue controllate, indicando i siti di riferimento da consultare per reperire dettagli e documentazione utili ai fini delle eventuali valutazioni, voti da esprimere e scelte da compiere. Dall’esame di dette comunicazioni e dei moduli sottoscritti dal cliente, risulta che quest’ultimo abbia finalizzato la procedura di individualizzazione prevista per l’insinuazione al passivo come “non qualified bondholder” ed aderito alla descritta opzione del menzionato piano per tutte le residue obbligazioni possedute, circostanza non rappresentata nel ricorso, ma neppure contestata nelle deduzioni integrative.
Non emergendo profili di criticità con riguardo all’informativa successiva all’investimento in lite e ritenendo, invece, che l’operato dell’Intermediario convenuto non sia esente da censure con riguardo all’informativa preventiva per quanto sopra rilevato, ritiene il Collegio che il risarcimento dovuto dall’Intermediario medesimo per la mancata prova, per l’appunto, del rispetto degli obblighi di informativa preventiva debba essere liquidato alla luce del principio di cui all’art. 1227 c.c., potendo il ricorrente, nel corso del tempo, rendersi conto della rischiosità dell’investimento contestato e porre in essere azioni idonee a limitare il danno, evitando di acquistare altri titoli della medesima specie, ovvero procedendo alla liquidazione dei titoli già acquistati. Il risarcimento del danno che si ritiene di riconoscere in questa sede deve essere, pertanto, da intendersi riferito soltanto al primo acquisto eseguito il 29.10.2015, per il quale risultano investiti complessivi 165.263,12 euro, sul presupposto che il ricorrente abbia successivamente avuto modo di rendersi conto dell’effettiva rischiosità dell’operatività in esame e avrebbe dovuto piuttosto attivarsi, come si è detto, per limitare l’entità del danno già occorso. In particolare, il ricorrente ben avrebbe potuto procedere alla dismissione delle obbligazioni di cui al primo acquisto già alla presa visione della rendicontazione al 31 dicembre 2015, quando gli strumenti subivano un primo ingente deprezzamento.
In conclusione, «[…] credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa»; o, con una “traslitterazione” idiomatica, “chi è causa del suo male, pianga se stesso”; specie laddove sia stato adeguatamente informato (finanche ai limiti della probatio diabolica).
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[1] Per un approfondimento, A. Zurlo, La mera esecuzione di ordini tramite home banking, in Dei danni bagatellari, a cura di A. M. Serafin – G. Cricenti, Wolters Kluwer, 2022, 315 ss.
[2] Il riferimento è a ACF, 15 marzo 2023, n. 6409.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento.