Nella controversia in esame, la parte attrice dichiara di essere stata vittima di una truffa informatica e lamenta di aver disposto un bonifico a favore di un IBAN diverso rispetto a quello dell’effettivo beneficiario del pagamento poiché l’identificativo unico indicato dal venditore nella mail sarebbe stato modificato tramite un’operazione di hackeraggio. Per tale motivo, la ricorrente richiede all’ABF l’accertamento del proprio diritto ad ottenere l’invio di tutta la documentazione inerente all’operazione, nonché il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata diligenza a cui l’intermediario è tenuto nell’eseguire le transazioni.
Il Collegio di Milano ha ritenuto di rigettare il ricorso in considerazione di una molteplicità di motivi.
In primis, in un contesto di carenza probatoria, di per sé già decisiva, non è stato possibile accertare se il bonifico sia stato effettivamente disposto a favore dell’IBAN indicato nella mail asseritamente “hackerata”.
Orbene, a prescindere da ciò, l’ABF osserva che il Collegio di Coordinamento (n. 162/2017), richiamando le finalità delle direttive comunitarie in materia di mercato unico dei pagamenti, si è già pronunciato sull’argomento affermando che gli intermediari (ai quali, ex art. 24, d.lgs. n.11 del 2010, non è imposto di verificare la corrispondenza tra il nome del beneficiario indicato nel bonifico e il codice IBAN indicato dal cliente) non sono responsabili nel caso in cui il cliente abbia riportato erroneamente l’identificativo unico (in tal senso, CGUE, 21 marzo 2019, C-245/18).
In secondo luogo, circa la mancata verifica, da parte del convenuto, della corrispondenza tra l’istituto bancario indicato nella documentazione fornita dalla ricorrente e l’istituto effettivamente destinatario dell’ordine di pagamento, il Collegio ha ritenuto che detta mancata coincidenza avrebbe dovuto destare immediatamente un sospetto in capo a chi ha disposto il bonifico. Infatti, in virtù delle norme generali sulla diligenza che gravano su entrambe le parti del rapporto obbligatorio, la stessa ricorrente avrebbe dovuto controllare quanto risultante dall’ordine di bonifico, essendo invece l’intermediario tenuto ex lege a prestare attenzione soltanto all’IBAN riportato nella documentazione consegnategli.
Quanto infine alle doglianze concernenti la procedura di richiamo del bonifico (recall), ad avviso dell’ABF non è imputabile al convenuto alcuna condotta negligente, avendo questi informato tempestivamente l’altro intermediario della probabile truffa e fornito tutte le informazioni utili al fine di dar seguito alla procedura di recall. A sostegno di ciò, si richiama l’orientamento costante dei Collegi, secondo il quale, se manca l’esplicito consenso del beneficiario al recupero del pagamento ovvero la richiesta di storno viene formulata quando i fondi non sono più disponibili, l’intermediario non è responsabile, poiché l’importo di un’operazione di pagamento accreditato sul conto corrente del beneficiario entra nella titolarità di quest’ultimo e non può essere unilateralmente bloccato o stornato senza il consenso del cliente o in mancanza di un provvedimento giudiziale di autorizzazione (cfr. Collegio di Napoli, n. 3912/2021).