Nel caso di specie, il Collegio partenopeo, senza soluzione di continuità con il tradizionale orientamento arbitrale, ha riaffermato il principio per cui la facoltà di modificare in via unilaterale le clausole contrattuali, ex art. 118 TUB, non possa essere utilizzata per introdurre dei «contenuti nuovi»[1]. Ciò posto, nel riservare contrattualmente alla Banca la «facoltà di modificare le condizioni economiche e contrattuali pattuite», la previsione fa espressamente «salvo» il caso di «quanto espressamente previsto per i singoli servizi» che pure entrano a fare parte del pacchetto contrattuale ivi considerato. Caso, quest’ultimo, che evidentemente si deve ritenere sia regolato in modo diverso da quello appunto disposto in via generale, della possibile modifica in via unilaterale, e, comunque, da questo per sé autonomo. Sembra immediato collegare questa espressa disposizione contrattuale con quanto per l’appunto pubblicato – nel medesimo periodo temporale – sul sito dell’intermediario sempre a proposito del conto corrente “SMART”, ovverosia collegare l’evidenziata «riserva» con la dichiarazione pubblicata dall’intermediario, secondo cui «smart – pacchetto base – già tuo e gratuito per sempre».
Ne consegue che il complesso del comportamento tenuto dall’intermediario fa emergere come questi abbia già in via negoziale sottratto la materia della «valorizzazione» delle spese di liquidazione trimestrale del conto alla regola fissata nel contratto come generale, della modificabilità unilaterale di patti e condizione. In effetti, a un simile esito conducono (anche a non volere considerare la dichiarazione espressa sul sito in termini offerta al pubblico, ex art. 1336 c.c.), i noti principi della interpretatio contra proferentem, di cui sono espressione le norme degli artt. 1370 c.c. e 35 cod. cons.
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[1] Cfr. ABF, Collegio di Milano, n. 4882/2022.