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Nota a Trib. Brescia, Sez. II, 25 novembre 2022.

Massima redazionale

Ciò premesso si rileva che quando il correntista eccepisce la nullità delle clausole inerenti il computo degli interessi (usura, difetto di pattuizione di interessi ultrà legali, contestazione delle valute e o commissione di massimo scoperto, eccetera) necessariamente assume l’onere di dimostrare se ed in che misura tale interessi indebiti siano stati computati, mentre nessun valore può avere una contestazione generica che non indichi in modo specifico le voci passive ritenute indebite, anche con riferimento analitico al periodo in cui sono state applicate e fornendo un proprio ricalcolo completo dei rapporti con l’applicazione degli interessi delle altre voci ritenute corrette. La carenza assertiva e l’incompletezza dei dati posti a fondamento delle contestazioni attoree risultano evidenti da quanto dichiarato dal CTU, come sopra riportato, laddove rende conto della carente documentazione in atti. Sul punto si precisa che gli estratti di conto scalari non sono sufficienti ai fini della dimostrazione delle competenze ritenute illegittimamente addebitate, essendo a tal fine necessario fornire la serie completa degli estratti analitici. Sulla questione si richiama ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. quanto espresso nella sentenza n. 2769 del 24 giugno 2019 dalla Corte d’Appello di Milano che in riforma della pronuncia di prime cure in cui era stato dato ingresso ad una CTU contabile sulla scorta di estratti parziali e di scalari prodotti dall’attore ripercorre i seguenti passaggi logici: «sia nel caso di ripetizione di indebito, che nell’ipotesi di accertamento di poste non dovute, spetta al correntista provare l’esistenza di tali poste indebite illegittimamente applicate dalla Banca, anche ai soli fini di un’azione di mero accertamento, dal momento che, a norma dell’art. 2697 c.c., è onere di chi vuol far valere un proprio diritto in giudizio provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. In materia di rapporti di conto corrente, infatti, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il correntista che “agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito [e parimenti per la rideterminazione del saldo] è tenuto alla prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida causa debendi essendo, altresì, onerato della ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, con la conseguenza che non può essere accolta la domanda di restituzione se siano incompleti gli estratti conto attestanti le singole rimesse suscettibili di ripetizione” (Cass. Civ. n.30822/2018) sicché è “necessario avere a disposizione la documentazione integrale che consenta la ricostruzione precisa degli importi addebitati illegittimamente, come espresso chiaramente da ultimo anche da Cass. 11543/19.».

Tale orientamento è condiviso dalla prevalente giurisprudenza di merito[1] che ha puntualizzato «l’inadeguatezza di qualsiasi metodo contabile cd. ’sintetico’ di ricostruzione del rapporto di conto corrente in quanto strutturalmente inidoneo a fornire risultati attendibili»[2].

Recentemente, la Corte d’Appello di Milano ha ribadito quanto sopra[3] e anche la Corte d’Appello Venezia[4] ha ritenuto che «solo la produzione degli estratti conto, a partire dalla data di apertura del contratto di conto corrente sino alla data della domanda o di chiusura del conto, consente di pervenire – attraverso l’integrale ricostruzione dei rapporti di dare avere tra le parti e con la corretta applicazione del tasso di interesse alla esatta determinazione dell’eventuale credito del correntista e alla quantificazione degli importi da espungere sul conto. Per la determinazione del saldo del conto non sono sufficienti gli estratti conto scalari in quanto essi rappresentano soltanto i conteggi degli interessi attivi e passivi ma non consentono, di per sé, di individuare le operazioni che hanno determinato le annotazioni degli interessi e di ricostruire, in siffatto modo, esattamente tutti i movimenti effettuati nell’arco del tempo. Anche di recente questa Corte ha avuto modo di precisare che la “mancanza degli estratti conto non consente di verificare se gli interessi del trimestre precedente siano stati effettivamente addebitati e capitalizzati nel successivo trimestre ovvero se siano stati per qualche ragione stornati, così come preclude di appurare se vi siano stati dei pagamenti da parte del cliente delle somme dovute a titolo di interessi, con la conseguenza che non avrebbero più prodotto a loro volta interessi. La produzione degli estratti “scalari” non consente nemmeno di accertare se nei periodi successivi ad ogni liquidazione trimestrale il saldo contabile sia ritornato attivo, magari anche per un solo giorno, sì da interrompere il flusso anatocistico.».

Conclusivamente, la mancata produzione in atti degli estratti di conto integrali da parte del correntista non consente di individuare analiticamente quali siano le poste asseritamente applicate in modo indebito, a qualsiasi titolo invocate (interessi anatocistici, interessi ultralegali, commissioni e spese) la relazione predisposta dal CTU risulta, quindi, inficiata nella sua validità scientifica e non può, pertanto, essere considerata.

 

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[1] Cfr. App. Brescia, 28.03.2018, n. 534: «La prova dell’esistenza della clausola di cui si assume la invalidità e di cui si chiede la declaratoria di nullità non può prescindere dalla produzione in giudizio del contratto di conto corrente, poiché il giudice solo attraverso l’esame del testo contrattuale può accertare che il contratto che effettivamente la contiene nei termini indicati da chi agisce e può valutarne la validità o l’eventuale invalidità: spetta al correntista medesimo fornire la prova della fondatezza della propria domanda attraverso la produzione in giudizio del documento contrattuale relativo al rapporto di conto corrente, al fine di consentire la valutazione sul contenuto e sulla validità delle clausole conteste, nonché dei relativi estratti conto. L’onere probatorio di cui si è detto va assolto mediante la produzione, oltre che degli estratti di c/c relativi a tutto il periodo contrattuale, anche e soprattutto dei contratti di conto corrente e delle condizioni generali di contratto». Trib. Brescia, 05.09.2020, n. 1720, in un caso analogo: «All’esito dell’istruttoria documentale e tecnica esperita, ritiene il Tribunale che tutte le doglianze svolte in citazione siano risultate infondate e che la domanda debba essere rigettata. L’attrice non ha sufficientemente dimostrato i propri assunti, non avendo fornito nei termini processuali, documentazione completa ai fini della verifica contabile demandata al CTU». Ed ancora: «Come affermato da Cass. civ. Sez. I Ord., 28/11/2018, n. 30822 (rv. 651882-01) “Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto alla prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida “causa debendi” essendo, altresì, onerato della ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, con la conseguenza che non può essere accolta la domanda di restituzione se siano incompleti gli estratti conto attestanti le singole rimesse suscettibili di ripetizione». Identico principio vale anche nell’ipotesi in cui sia richiesta la rideterminazione del saldo di conto corrente. «Nel caso in esame l’attore omesso di depositare, senza una valida giustificazione, tutti gli estratti conto che era suo onere produrre al fine di consentire la ricostruzione dell’intero rapporto oggetto di censure»: Trib. Brescia, 23.06.2021, n. 1703.

[2] Cfr. App. Milano, 22.10.2019, n. 4252, che ha ritenuto meritevole di accoglimento il motivo di impugnazione rubricato “onere della prova in materia di indebito”, in cui si era posto l’accento sull’insufficienza dei conti a scalare, la cui analisi non permette di ricostruire correttamente tutte le annotazioni intervenute sul rapporto e la relativa movimentazione, con conseguente inattendibilità della consulenza tecnica d’ufficio.

[3] Cfr. App. Milano, 16.02.2022, n. 551.

[4] Cfr. App. Venezia, 26.01.2022, n. 258.

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