Nota a Cass. Civ., Sez. Un., 23 febbraio 2023, n. 5694.
Le questioni rimesse all’esame delle Sezioni Unite sono riassumibili nei seguenti quesiti: i) quale sia la sorte della clausola compromissoria inserita in un contratto di appalto (o subappalto) e già attivata, in conseguenza della liquidazione coatta amministrativa di una parte nei cui confronti sia stata comunque proposta una domanda di accertamento di un credito e conseguente condanna, e se permanga la potestas judicandi degli arbitri che pronuncino il lodo durante il decorso dei 60 giorni che l’art. 81 l.f. assegna al commissario liquidatore della LCA per decidere di subentrare nel rapporto contrattuale d’appalto o di determinarne anche per inerzia lo scioglimento; 2) se l’art. 72, co. 6, l.f., che sancisce l’inefficacia delle clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto di fallimento (o nel caso di specie, a che la LCA), sia disposizione applicabile ai soli contratti non ancora eseguiti da entrambi i contraenti oppure ai contratti non più in esecuzione.
Sul primo punto la Suprema Corte ritiene che il conferimento al curatore di uno spatium deliberandi attualizza l’interrogativo su quale sia il momento di reale scioglimento del rapporto, ove secondo una prima tesi, proprio i 60 giorni assegnati realizzerebbero la stessa regola di sospensione contrattuale fissata dalla norma generale di cui all’art. 72 l.f., entrando il rapporto dal giorno di fallimento in una condizione di attesa, ma con la salvezza e operatività di tutte le clausole accessorie e per con esclusione delle messa in mora ad opera di controparte. Con la conseguenza che l’eventuale lodo nel frattempo messo sarebbe imputabile a piena potestas judicandi degli arbitri; diversamente una seconda tesi, pospone lo scioglimento al mancato esercizio del subentro ad opera del curatore, dunque anche al decorrere dei 60 giorni nell’inerzia dichiarativa dell’organo; una terza tesi, finora seguita nella giurisprudenza di legittimità, descrive lo scioglimento del contratto di appalto in conseguenza del fallimento dell’appaltatore come in realtà “un effetto legale ex nunc della sentenza dichiarativa”, risolutamente condizionato alla decisione del curatore di subentro fin quando è possibile, derivandone così che la caducazione automatica della clausola compromissoria che accede all’appalto (o subappalto) travolge il lodo che ciononostante sia stato pronunciato. La Corte si adegua a tale ultima impostazione seppur adeguandosi rispetto alle specificità della fattispecie. Se ne desume che l’accessorietà della clausola compromissoria rispetto al contratto sorregge la regola che esige, nella LCA come nel Fallimento, la non sopravvivenza del procedimento arbitrale una volta che il contratto sia sciolto, trattandosi di mero riflesso esterno di una scelta dell’organo concorsuale volontaria e consapevole, per quanto anche tacita.
In merito al momento di scioglimento del rapporto di appalto si rileva che secondo le prime due tesi, il contratto in esame, con il fallimento non si risolva, entrando piuttosto in una zona non operativa ma neppure di scioglimento ai sensi dell’art. 72 l.f., conseguendone che nel caso di inerzia del curatore, sino al sessantesimo giorno, nemmeno la clausola compromissoria sarebbe sciolta, determinando la validità ed efficacia dell’eventuale lodo nel frattempo intervenuto. Tale orientamento sconta la critica per cui, muovendo dalla quiescenza del contratto o dalla stessa sospensione di cui all’art. 72 l.f., finisce poi per assicurare pieno funzionamento ad una clausola del medesimo contratto non spiegando come questa possa vivere di autonomia rispetto al negozio cui accede.
Se pertanto l’appalto si assoggetta, con tutte le sue clausole, alle eventuali determinazioni di subentro del curatore, da esprimersi nei 60 giorni dal fallimento e, in mancanza, la non prosecuzione stessa viene consolidata, restando nel frattempo il contratto privo di efficacia anche sul piano processuale, ne deriva che il lodo ciononostante reso è nullo, in difetto della potestas judicandi dell’arbitro, afferendo ad una prerogativa decisoria manifestata senza giuridica partecipazione al contratto della nuova e unica parte a ciò legittimata, ossia l’organo concorsuale; al contempo lo scioglimento del contratto cui la clausola compromissoria accede s’impone altresì ed in modo irreversibile sul rapporto sostanziale, perdurando quale effetto definitivo, per entrambi (contratto e clausola), anche dopo la chiusura della procedura.
Sulla base di tali ragionamenti la Suprema Corte enuncia i seguenti principi: a) il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria ad un appalto e per l’accertamento di un credito da esso dipendente, diviene improcedibile al sopraggiungere della messa in liquidazione coatta amministrativa di una delle parti del contratto (nella specie, l’appaltatore), stante l’esclusività dell’accertamento del passivo nella sede concorsuale cui è comunque tenuta, ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f., la parte creditrice (nella specie, il committente), se il rapporto è ancora pendente, cioè non esaurito ai sensi dell’art. 72 l.f.; b) il lodo ciononostante emesso, prima della scadenza del termine di 60 giorni assegnato dall’art. 81 l.f. all’organo concorsuale per dichiarare il proprio eventuale subentro nel contratto presupposto e senza che siffatta dichiarazione sia intervenuta, è nullo, con conseguente inettitudine a produrre effetti già nei confronti della procedura concorsuale, in quanto lo scioglimento dell’appalto in conseguenza dell’apertura del concorso ne realizza un effetto legale ex nunc, solo risolutivamente condizionato alla decisione di subentro del commissario fin quando è possibile e così gli arbitri, nella fattispecie, difettano di potestas judicandi; sul secondo quesito all’inizio esposto c) l’apertura della procedura concorsuale in pendenza del rapporto determina altresì, secondo la regola generale dell’art.72 co.6 l.f., valevole anche per l’appalto, la inefficacia della clausola negoziale che ne fa dipendere la risoluzione da tale evento.
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