Nota a Cass. Civ., Sez. I, 3 febbraio 2023, n. 3321.
Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla facoltà per il singolo cointestatario di Buoni Postali Fruttiferi di ottenere il rimborso per l’intero anche dopo il decesso dell’altro cointestatario, senza necessità della quietanza congiunta degli eredi dello stesso ex art. 187 d.P.R. n. 256/1989, laddove sui titoli sia apposta la clausola di “Pari Facoltà di Rimborso” (PFR).
L’ordinanza è pienamente conforme a due precedenti arresti, la sentenza 24639 del 2021 e l’ordinanza 4280 del 2022[1], con cui la Suprema Corte ha definitivamente chiarito le differenze sostanziali e normative che intercorrono tra i buoni fruttiferi postali e i libretti di risparmio, come regolati dal d.P.R. 256 del 1989.
Va sin d’ora precisato che i buoni fruttiferi postali erano originariamente disciplinati dal Libro III, capo VI, del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (T.U. in materia postale), con il corrispondente regolamento di esecuzione, il d.P.R. 1 giugno 1989, n. 256; successivamente è intervenuto il decreto MEF del 19 dicembre 2000, applicabile anche ai buoni fruttiferi già emessi alla data di entrata in vigore dello stesso, purché non ancora caduti in prescrizione (v. artt. 9 e 10 del decreto).
Il revirement della Corte di Cassazione sulla possibilità di estendere ai buoni fruttiferi postali la disciplina prevista per i libretti di risparmio (art. 187 cit.), tramite la clausola di rinvio ex art. 203 d.P.R. 256/’89, muove da quattro argomentazioni di fondo.
1) Occorre, in primis, far riferimento al «marcato rafforzamento del diritto di credito dell’intestatario sulla somma portata dal buono fruttifero ad ottenerne il rimborso “a vista”», desumibile dall’intrasferibilità del credito portato dai buoni postali come sancita dall’art. 204, co. 3, d.P.R. 256/1989. Dunque, pur avendo i buoni fruttiferi e i libretti di risparmio la stessa natura di titoli di legittimazione ex 2002 c.c. (nessuno dei due integra un titolo di credito) la previsione di cui all’art. 204 cit. sottolinea una sostanziale diversità dei primi con «l’incanalamento della fase di pagamento della somma portata dal titolo su un unico prefissato binario, quale il pagamento “a vista” all’intestatario».
L’interpretazione – sostenuta da Poste Italiane S.p.A. – in forza della quale il decesso di uno dei cointestatari precluderebbe la monetizzazione ad opera dell’altro dell’intero valore dei buoni, nonostante la clausola di “pari facoltà di rimborso”, essendo necessaria la quietanza di tutti gli eredi del cointestatario deceduto, finirebbe per paralizzare la caratteristica intrinseca dei BPF sopra descritta.
2) Inoltre, l’ 208 d.P.R. n. 256/1989 reca una disciplina specifica dei buoni postali, prevedendone la rimborsabilità “a vista”, senza alcuna eccezione, presso l’ufficio di emissione. Facendo leva su questa previsione normativa, la Cassazione osserva che l’assenza di una deroga, alla disciplina generale, per il caso di morte non legittima di per sé l’estensione in via analogica dell’eccezione stabilita dal per i libretti postali: «l’assunto secondo cui la disciplina dei buoni postali fruttiferi non regolerebbe il caso della morte di uno degli intestatari non può essere collocato a premessa scontata del ragionamento, dal momento che l’art. 208, del già citato decreto contiene una disciplina specifica riservata alla riscossione dei buoni postali, i quali “sono rimborsabili a vista”; di guisa che ciò che è assunto a premessa del ragionamento poc’anzi riassunto è quanto invece occorrerebbe dimostrare».
3) Un ulteriore argomento riguarda il profilo teleologico dell’art. 187 P.R. 256/’89, che non ha in sé una funzione di tutela degli eredi. Già il Collegio di coordinamento ABF n. 22747 del 2019, ha osservato che «la normativa esaminata non tutela gli interessi dei coeredi, i quali potranno venire a conoscenza aliunde dell’esistenza dei buoni intestati anche a propri danti causa e agire (…) davanti al giudice ordinario». La Corte di Cassazione, condividendo siffatta impostazione, evidenzia a sua volta la necessità di distinguere concettualmente «tra titolarità del credito e legittimazione alla riscossione di quanto portato dal buono fruttifero: posto che, in caso di cointestazione con clausola di “pari facoltà di rimborso” e, dunque, di solidarietà attiva, l’obbligazione solidale, alla morte di uno dei concreditori, “si divide fra gli eredi in proporzione delle quote” (art. 1295 c.c.), senza toccare la posizione del cointestatario superstite (i termini della questione non mutano affatto se il cointestatario superstite è anche erede), è fin ovvio che la riscossione riservata all’intestatario superstite in nulla interferisca con la spettanza del credito, sicché colui che abbia riscosso rimarrà tenuto nei rapporti interni nei confronti dell’erede o degli eredi del cointestatario defunto».
4) L’operatività per i BPF della quietanza di tutti gli aventi diritto, come prevista per i libretti postali, costituirebbe un onere non giustificato nemmeno sotto il profilo fiscale. In particolare, ai fini dell’imposta di successione i buoni postali risultano equiparati ai titoli di stato, che non rientrano nell’attivo ereditario (cfr. Lgs. n. 346 del 1990, art. 12, lett. i); ne discende che alcun obbligo sussiste in capo al contribuente di denunziare i buoni nella dichiarazione di successione.
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[1] Contra: Cass., 10 giugno 2020, n. 11137.
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