Nota a Cass. Civ., Sez. III, 10 febbraio 2023, n. 4248.
Massima redazionale
L’art. 2558 c.c. stabilisce che «se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale». Secondo l’art. 2560 c.c., «l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito», con la precisazione dettata dal secondo comma secondo cui «nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori». L’interpretazione coordinata delle due norme, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità[1], porta a ritenere che quella dell’art. 2558 c.c. debba applicarsi ogni qual volta al debito contrattuale di colui che trasferisce l’azienda si contrappone, in rapporto di sinallagmaticità, un credito attuale, derivante dallo stesso negozio giuridico, nei confronti del contraente ceduto, e che, invece, la disposizione dell’art. 2560 c.c. riguardi il caso in cui il debito contrattuale non sia bilanciato da un credito corrispondente.
Dal combinato disposto delle due norme emerge che la successione nei contratti di cui all’art. 2558 c.c. trova applicazione in caso di negozi a prestazioni corrispettive non integralmente eseguiti da entrambe le parti al momento del trasferimento dell’azienda, mentre, ove il terzo contraente abbia già eseguito la propria prestazione, residua un mero debito la cui sorte è regolata dall’articolo 2560 c.c. È dunque principio condiviso[2], quello in forza del quale il congegno stabilito dall’articolo 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti relativi all’azienda ceduta, è destinato a essere applicato quando si tratti di debiti in sé soli considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma dell’articolo 2558 c.c.[3], posizioni, queste, che seguono la sorte del contratto.
La regola posta dal primo comma dell’art. 2558 c.c. è, dunque, applicabile soltanto ai contratti con prestazioni corrispettive non ancora interamente eseguite da alcuna delle parti, mentre non rientrano nella previsione di tale norma, ma in quella dell’art. 2560 c.c., sia i rapporti obbligatori sorti da contratti a prestazioni corrispettive di cui quella o quelle poste a carico di uno dei contraenti siano state già interamente eseguite, sia quelli aventi la propria fattispecie costitutiva in un contratto con prestazioni a carico di una sola parte.
La previsione dettata dal primo comma dell’art. 2560 c.c., concernente la permanente responsabilità dell’alienante in ordine ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda maturati anteriormente al trasferimento, è completata nel secondo comma, che cumula alla responsabilità del cedente anche quella del cessionario, sempre che il debito risulti dai libri contabili obbligatori. Si realizza in tal modo una responsabilità del cessionario sotto forma di accollo cumulativo ex lege, con conseguente solidarietà tra cedente e cessionario dell’azienda commerciale, solidarietà peraltro sui generis, dal momento che, nei rapporti tra loro, il debito rimane a carico del cedente, senza che questi possa ripetere dal secondo, neppure in parte, quanto versato al terzo creditore[4].
Ne discende, sul piano della ratio della norma, che la solidarietà del cessionario dell’azienda per i debiti concernenti l’esercizio dell’azienda ceduta è posta a tutela dei creditori di questa, e non dell’alienante e, per questo, essa non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale. Perseguendo una finalità di tutela dei creditori aziendali, la norma è, perciò, dalla dottrina giudicata inderogabile in conformità ad un accordo fra alienante e acquirente, mentre si riconosce ammissibile l’esclusione della sua operatività in forza di un accordo fra acquirente e terzi creditori.
Ciò posto, deve ritenersi che, nel caso di retrocessione dell’azienda affittata, si trasferisce al cessionario solo la parte del rapporto relativa alle prestazioni rimaste ineseguite da entrambi i contraenti, mentre, laddove una sola delle due parti contraenti abbia eseguito la propria prestazione, rimane un mero debito in capo al cedente, ferma restando la possibilità di applicare l’art. 2560, comma 2, c.c., che prevede, tuttavia, una responsabilità del cessionario che si aggiunge a quella del cedente, ma che non comporta la liberazione del cedente.
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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 20.07.1991, n. 8121.
[2] In questo senso, Cass. Civ., Sez. I, 16.06.2004, n. 11318.
[3] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 20.07.1991, n. 8121; Cass. Civ., 08.05.1981, n. 3027; Cass. Civ., Sez. I, 09.10.2017, n. 23581.
[4] Cfr. Cass. Civ., Sez, I, 25.02.1987, n. 1990; Cass. Civ., Sez. II, 03.03.1994, n. 2108; Cass. Civ., Sez. I, 04.10.2010, n. 20577.
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