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Nota a Cass. Civ., Sez. I, 6 dicembre 2022, n. 35789.

di Sara Rescigno

Tirocinante ACF

Nella controversia presa in esame, l’Intermediario ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del giudice di Appello che l’ha condannato per responsabilità professionale a risarcire il danno subìto dagli investitori.

Attraverso il presente ricorso, l’Intermediario ha contestato la sentenza del giudice di secondo grado nella parte in cui ha ritenuto necessaria la segnalazione per iscritto dell’Intermediario ai clienti di tutte le informazioni e le avvertenze richiamate dall’art. 29, secondo comma, Reg. Consob n. 11522 del 1998, senza considerare la loro pregressa esperienza in materia di investimenti.

Il giudice di legittimità, nel rigettare il ricorso proposto dall’Intermediario, ha ribadito alcuni punti fermi in materia di intermediazione finanziaria.

Nella prestazione dei servizi di investimento i soggetti abilitati sono tenuti all’osservanza degli obblighi di comportamento sanciti dall’articolo 21 del TUF e dalla normativa secondaria contenuta nel Reg. Consob n. 11522 del 1998, sia nella fase che precede la stipulazione del contratto quadro, sia dopo la sua conclusione[1].

Orbene, nell’ambito degli obblighi informativi, è opportuno chiarire la distinzione tra obblighi di informazione passiva e obblighi di informazione attiva.

Gli obblighi di informazione passiva, ai sensi dell’articolo 28, primo comma, lett. a), Reg. Consob n. 11522 del 1998[2], consistono nella richiesta di notizie all’investitore circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio (cd. profilatura).

Gli obblighi di informazione attiva, disciplinati dall’articolo 28, secondo comma, Reg. Consob n. 11522 del 1998[3], richiedono che gli intermediari forniscano all’investitore «informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento».

L’obbligo di informazione passiva è funzionale alla valutazione di adeguatezza delle singole operazioni che l’investitore realizzerà. Dal momento che ciascuna operazione di negoziazione può essere inadeguata tanto per tipologia ed oggetto, quanto per frequenza o dimensione, la valutazione di adeguatezza di un’operazione da parte dell’intermediario richiede necessariamente la preventiva acquisizione delle informazioni concernenti la situazione finanziaria dell’investitore e gli obiettivi che questi si prefigge con il ricorso agli strumenti finanziari[4]. La mancata acquisizione delle già menzionate informazioni, pertanto, è idonea ad inficiare la valutazione di adeguatezza effettuata dall’intermediario[5], il quale, al fine di andare esente da responsabilità, è tenuto dimostrare di aver ricevuto specifica autorizzazione scritta, ai sensi dell’art. 29, terzo comma, Reg. Consob n. 11522 del 1998, da parte degli investitori, di procedere comunque all’effettuazione di quelle operazioni.

Ciò premesso, nella controversia de quo, i giudici di legittimità hanno censurato il mancato assolvimento degli obblighi informativi, che sussistono e vanno assolti dall’Intermediario indipendentemente dalla rischiosità dell’investimento. Tale ultimo elemento, laddove accertato, può assumere rilevanza, unitamente alla raccolta delle informazioni in ordine all’esperienza, agli obiettivi d’investimento e alla situazione finanziaria dell’investitore, ai fini della valutazione di adeguatezza dell’operazione.

In proposito, secondo la Corte, l’intermediario non è esonerato, pure in presenza di un investitore aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall’assolvimento degli obblighi informativi previsti dal TUF e dalle prescrizioni di cui al Reg. Consob n. 11522 del 1998[6].

Tali previsioni normative, data la loro funzione di riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, hanno l’effetto di creare una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario[7]. Tale prova, osserva la Corte, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati[8].

Alla luce delle suindicate considerazioni, i giudici di legittimità hanno ritenuto corrette le statuizioni del giudice di secondo grado.

Nello specifico, la Corte di Appello, dopo aver accertato il mancato adempimento dell’Intermediario agli obblighi informativi di cui all’art. 28, primo e secondo comma, Reg. Consob n. 11522 del 1998 (in ragione della totale mancanza della sottoscrizione del documento informativo sui rischi generali in investimenti finanziari), ha aggiunto che, pur volendo considerare assolto il suddetto onere informativo, era mancata l’ autorizzazione scritta, da parte degli investitori, richiesta dal comma 3, secondo capoverso, dell’art. 29 del menzionato Reg. Consob, in materia di valutazione di adeguatezza degli investimenti.

 

 

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[1] Cfr., Cass., n. 20617, del 31 agosto 2017.

[2] In armonia con quanto disposto dall’articolo 21, primo comma, lett. b), prima parte, TUF, in base al quale nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono «acquisire le informazioni necessarie dai clienti».

[3] Conformemente a quanto previsto dall’articolo 21, primo comma, lett. b), seconda parte, TUF, in base al quale nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono «devono operare in modo che [i clienti] siano sempre adeguatamente informati».

[4] Cfr., art. 29, secondo comma, Reg. Consob n. 11522 del 1998.

[5] Va specificato che, ai sensi dell’articolo 54, Reg. UE n. 565 del 2017, solo il servizio di gestione di portafogli e il servizio di consulenza in materia di investimenti prevedono l’obbligo in capo all’intermediario di effettuare la valutazione di adeguatezza degli investimenti effettuati dal cliente.

[6] Cfr. Cass., n. 18153 del 2012.

[7] Il riferimento va all’articolo 23, sesto comma, TUF, in base al quale grava sull’intermediario provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta e, dunque, di dimostrare di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione o del servizio.

[8] Ex multis, Cass., n. 33596 del 2021.

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