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Nota a Cass. Civ., Sez. II, 7 febbraio 2022, n. 3695.

di Francesca D'Avino

Avvocato del Foro di Potenza - Adisconsum Basilicata

Nel caso in esame, la Suprema Corte di Cassazione ha puntualmente argomentato sul tema del Difetto di Conformità dei beni oggetto di compravendita, già ampiamente affrontato dalla normativa codicistica del D.Lgs. n. 206/2005 (“Codice del Consumo”) il cui merito, oltre alla logica asserzione del contraente quale soggetto “debole” del rapporto contrattuale, era stato quello di aver correttamente individuato il profilarsi di un principio di responsabilità di tipo contrattuale (ed extra-contrattuale) specie nel caso in cui dal difetto/vizio del bene riscontrato promanasse un danno al consumatore. Venendo al caso de quo, il consumatore risolveva il contratto di vendita – avente ad oggetto l’acquisto di un’autovettura – con il professionista, per aver riscontrato la presenza di vizi che rendevano il bene inidoneo all’uso al quale era destinato, successivamente convenendolo in giudizio. In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda attorea, per poi trovare rigetto in quello successivo: la Corte di Appello, in riforma della impugnata sentenza, aveva accertato la intempestività della denuncia del vizio, aggiungendo che “l’onere della prova della tempestività di quest’ultima gravasse su parte acquirente”. Nell’analizzare il predetto principio, la Corte torna nuovamente a soffermarsi sull’attuale assetto normativo attuato per la facilitazione degli strumenti di tutela del consumatore, altresì osservando il ruolo “sussidiario” assunto dalla disciplina del codice civile: dunque, in tema di compravendita ed in tema di garanzia per i vizi riscontrabili sui beni oggetto del predetto vincolo contrattuale, trovano applicazione “in una prospettiva di tutela del contraente più debole….gli strumenti predisposti dal codice del consumo”. Il provvedimento de quo parte dall’assunto secondo cui, seguendo i dettami degli artt. 130 e ss. cod. cons., il consumatore che ha riscontrato un difetto di conformità, potrà certamente invocare l’alternativa della riparazione e/o della sostituzione del bene, nonché chiedere ovvia riduzione del prezzo o, come extrema ratio la risoluzione contrattuale, ma adempiendo all’onere di denunciare al venditore il summenzionato difetto di conformità, nel termine di due mesi dalla sua scoperta. Del resto è ben chiaro quanto previsto dal citato cod. cons. ex art. 120 “Il danneggiato deve provare il difetto, il danno e la connessione causale tra difetto e danno” norma che, esplicitamente, prevede l’assolvimento del citato obbligo per il consumatore – utilizzatore del prodotto – che intenda ottenere il risarcimento ed implicitamente rimanda a quello del produttore su cui incombe provare i fatti che possano escluderne la sua responsabilità. Superato, però, il termine indicato, la Corte rileva che in tal caso, troverebbe applicazione l’art. 2967 c.c: dunque, il consumatore dovrà fornire la prova che il difetto fosse presente ab origine (al momento dell’acquisto del prodotto); dunque, evidenziando che la responsabilità da prodotto difettoso abbia natura presunta e non oggettiva, considerato che dipende dall’accertamento della consapevolezza del produttore. Pertanto, come in precedenza, sull’acquirente incombe la prova del nesso causale tra difetto e danno, mentre sul produttore la “corrispondente prova liberatoria” (sul punto, Cass. Civ. Sez. III, 20/11/2018 n. 29828). La tempestività nella denuncia del difetto di conformità è, a carico del consumatore, requisito essenziale, tra l’altro già opportunamente menzionata dalla Direttiva Europea n. 1999/44/CE, laddove (all’art. 5) la stessa aveva previsto che, i difetti/vizi rilevabili  entro 6 mesi dalla consegna del bene, si presumessero già originariamente esistenti: norma, questa, che viene in rilievo quanto al caso affrontato. In conclusione affermando che, quanto all’onere della prova incombente sul consumatore ai fini della denuncia dell’esistente difetto di conformità, questo “debba limitarsi al mero obbligo di denuncia, prescindendo dalla necessità di una ulteriore prova della esistenza del difetto o indicare la causa precisa del medesimo”; assunto spartiacque, che ha tenuto conto dell’orientamento consolidato dei giudici della Corte di Giustizia Europea (04/06/2015, causa c-497/13, “Caso Faber”). Riepilogando, in primis al consumatore viene richiesto di fornire la prova che il bene acquistato non sia conforme al contratto (necessaria è la sola esistenza del difetto), quindi provare altresì che il difetto palesatosi, sia emerso entro il termine di sei mesi dalla consegna del bene. Diversamente, viene a gravare sul produttore l’obbligo di provare che quel difetto non fosse presente al momento della consegna del bene. Altro assunto, su cui poggia la descritta ordinanza, è quello della conclamata esistenza, per il consumatore danneggiato, di due criteri di rimedi (cc.dd “primari e secondari”) volti alla tutela dei suoi diritti, ovvero: la scelta tra il ricorso alla richiesta di riparazione, sostituzione e/ ovvia e congrua riduzione del prezzo, se ritenuti più convenienti; diversamente la risoluzione contrattuale in determinate situazioni (omessa attività di riparazione e/o sostituzione o nel caso di eccessiva onerosità, mancato rispetto del termine nella esecuzione delle menzionate attività a carico del produttore, ulteriori danni e/o inconvenienti successivamente originatosi), da effettuarsi tutti senza spese e nel rispetto di tempistiche ragionevoli. Concludendo dunque, che in sede di impugnazione della sentenza di primo grado, non vi è stata applicazione delle disposizioni riconducibili alla codicistica consumeristica, semmai quella attinente al vigente codice civile ed in prospettiva “più formalistica” che non ha tenuto conto della evidente asimmetria caratterizzante il rapporto consumatore/professionista. Riepilogando: l’agevolazione probatoria di cui gode ad oggi il consumatore, poiché contraente debole del richiamato rapporto asimmetrico, prevede per quest’ultimo l’esonero dalla prova della natura dei vizi e della causa che lo aveva generato, trattandosi invece di onere posto a carico del produttore.

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