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Nota a ACF, 6 settembre 2022, n. 5804.

di Alessio Buontempo (Laureando Giurisprudenza – Indirizzo d’impresa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)

 

La controversia in esame sorge a seguito del ricorso presentato dal cliente di una Banca dei cui servizi di investimento si avvaleva, sulla base della presunta violazione degli oneri informativi imposti dalla Comunicazione Consob n. 9019104/2009 in tema di prodotti finanziari illiquidi, in particolare sulle caratteristiche e rischi derivanti dall’acquisto di n. 300 azioni della Banca stessa.

Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto, in prima battuta, infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Intermediario resistente, per la presunta assenza di un nesso di causalità tra  i danni lamentati dal Ricorrente e gli inadempimenti contestati, in particolare precisando che, come reiteratamente affermato dallo stesso Arbitro in altre decisioni[1], carenze probatorie circa la sussistenza del nesso di causalità attengono a questioni di merito e non di inammissibilità[2]. Allo stesso modo non accolta è l’eccezione di prescrizione quinquennale, in quanto, secondo orientamento costante[3], l’azione di risarcimento del danno è soggetto al termine di prescrizione ordinario decennale (che nel caso in oggetto non risulta spirato).

Il Collegio, facendo riscontro alla domanda di risarcimento dei danni patrimoniali avanzata dal Ricorrente, in virtù del principio della ragione più liquida, ha accolto la stessa, in particolare ritenendo che non risultassero adempiuti gli obblighi di informazione attiva (ovverosia l’onere di assicurarsi che il cliente, all’atto dell’investimento, sia consapevole degli effettivi rischi, connessi alle azioni acquistate), in quanto il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari consegnato non risultava idoneo a tale scopo (potendo essere tale solo se avente a oggetto gli specifici rischi e caratteristiche degli strumenti finanziari negoziati). In secondo luogo, è stata ravvisata un’ulteriore violazione degli obblighi informativi, relativamente alla mancata rilevazione dell’inadeguatezza dell’operazione rispetto agli obiettivi di investimento del Ricorrente; nello specifico, il Collegio ha ritenuto non adempiuto tale obbligo in presenza della sola comunicazione della non appropriatezza dell’investimento – nel caso di specie avvenuta – ma richiedendo una puntuale e compiuta indicazione dei motivi, tale da permettere al cliente di orientarsi con autentica consapevolezza al momento della immissione dell’ordine[4].

Infine, nell’esame della domanda presentata in via subordinata dal resistente di quantificare il danno, ex artt. 1223 e 1227 c.c., in considerazione di quanto percepito in termini di benefici dalle azioni in questione, il Collegio ha dichiarato non sussistenti i presupposti per il riconoscimento di un concorso di colpa, in considerazione della obiettiva difficoltà di disinvestimento degli strumenti finanziati dopo il 2014. Così, in linea con il consolidato orientamento adottato dall’Arbitro, la somma da liquidare a titolo risarcitorio va individuata detraendo dall’ammontare del capitale investito i benefici in concreto ritratti dalle operazioni di investimento, nonchè quanto il Ricorrente ha (o avrebbe) realizzato, sia a titolo di corrispettivo up-front sia a titolo di corrispettivo differito disinvestendo i titoli tramite l’OPA promossa dall’Intermediario nel 2018.

 

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[1] Cfr. ex multis, ACF, 9 dicembre 2021, n. 4730.

[2] In particolare richiamando una recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 7905 del 17 aprile 2020) che ha precisato che “dalla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario […] scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario”.

[3] Cfr. tra le molte, ACF, 16 dicembre 2021, n. 4797.

[4] Ex multis, ACF, 25 gennaio 2022, n. 5019.

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