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Nota a Cass. Civ., Sez. I, 18 maggio 2022, n. 16077.

A cura dell’Avv. Giovanni Lauro.

 

Con la recentissima ordinanza in oggetto, la Cassazione torna ad affermare la centralità dell’art. 644 c.p. in materia di usura ribadendo la primazia della legge rispetto alle Istruzioni di Banca d’Italia.

Ed invero, già in precedenza la Suprema Corte, seppure in relazione alla problematica relativa alla inclusione dei costi delle polizze “facoltative” nel calcolo del TEG, ha avuto modo di chiarire la “centralità sistematica” dell’art. 644 c.p. qualificandola come norma di definizione della fattispecie usuraria da valere per “l’intero arco normativo che risulta regolare il fenomeno dell’usura e quindi anche per le disposizioni regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca d’Italia”[1].

In una posizione (almeno apparentemente) differente, si sono poi poste le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la nota sentenza n. 16303/2018 del 20 giugno 2018 (pronunciata sempre in relazione alla CMS) secondo cui “una… asimmetria contrasterebbe palesemente con il sistema dell’usura presunta come delineato dalla L. n. 108 del 1996” (cfr. § 6.3.2.) in quanto “L’indicata esigenza di omogeneità, o simmetria, è indubbiamente avvertita dalla legge” (cfr. § 6.4.1.).

In realtà -anche se la successiva giurisprudenza di merito -tra cui quella del Tribunale (e della Corte d’appello) di Milano cassata dall’ordinanza in commento- si è spesso affrettata ad affermare, in nome del principio di simmetria ed omogeneità, una sorta di primazia delle Istruzioni di Banca d’Italia (quantomeno dal punto di vista metodologico e di calcolo) rispetto alla chiara lettera dell’ art. 644 c.p. (e della L. 108/96)- con la sentenza del 2018, le Sezioni Unite non hanno mai affrontato direttamente le conseguenze della accertata asimmetria tra le modalità di calcolo del TEG contrattuale del singolo rapporto e quelle alla base del calcolo del TEGM effettuato dalla Banca d’Italia, in quanto i Decreti Ministeriali applicabili ratione temporis al rapporto oggetto di causa, contenevano comunque l’indicazione (benchè separata rispetto a quella del TEGM) della rilevazione media trimestrale delle CMS rilevate nel periodo de quo dalla stessa Banca d’Italia, per cui la Suprema Corte ha potuto affermare la necessità di inserimento -attraverso la cd. teoria del margine- di detta voce di costo nel calcolo del TEG, anche se attraverso una sorta di “manipolazione additiva” del TEGM.

Più di recente, la questione è stata oggetto di un’altra pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 19597/2020 del 18 settembre 2020, si sono occupate della usurarietà dei tassi d’interesse moratori.

In quel caso, atteso che nel periodo in cui veniva stipulato il rapporto oggetto di causa (e cioè in epoca anteriore al D.M. 25 marzo 2003) nei Decreti Ministeriali non vi era alcuna rilevazione –nemmeno “separata” dal TEGM– dei tassi d’interesse moratori.

Ebbene la Corte è riuscita contemporaneamente ad affermare: i) sia “la piena razionalità del cd. principio di simmetria, in continuità con quanto affermato dalla Corte (Cass., sez. un., 20 giugno 2018, n. 16303; nonché Cass. 3 novembre 2016, n. 22270; Cass. 22 giugno 2016, n. 12965), secondo cui deve esservi simmetria tra il tasso effettivo globale medio rilevato trimestralmente a norma della L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 1, ed il tasso effettivo globale della singola operazione”; i) sia “che, in ragione della esigenza primaria di tutela del finanziato, sia allora giocoforza comparare il T.e.g. del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori in concreto applicati, con il T.e.g.m. così come in detti decreti rilevato (i.e. senza alcuna maggiorazione)”.

Proprio sulla scorta di tale principio, la prima sezione ha accolto il primo motivo di ricorso con il quale il ricorrente lamentava “l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha affermato che esigenze di omogeneità impongano di utilizzare la medesima formula di calcolo adottata da Banca Italia ai fini della rilevazione statistica del TEGM anche per la determinazione matematica del TEG del singolo rapporto ai fini del verifica del superamento del tasso soglia, e ciò in relazione alla chiara lettera dell’art. 644 cod. pen. e dell’art. 32 L. 108/96, che non consentono di escludere alcune voci di costo di finanziamento (in particolare la commissione di massimo scoperto) ai fini della verifica del superamento del tasso soglia antiusura.”

La Cassazione, proprio richiamando Cass. S.U. n. 16303/2018 (ed anche Cass. 1464/2019) ha “evidenziato la centralità della fattispecie usuraria come definita dall’art. 644, comma 5°, c.p. – secondo cui “per la determinazione del tasso di interessi si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito” – alla quale si devono necessariamente uniformare, e con la quale si devono raccordare, le diverse disposizioni che intervengono in materia. (…) D’altra parte, la circostanza che i decreti ministeriali di rilevazione del TEGM non inserissero nel calcolo di esso una particolare voce, come la commissione di massimo scoperto, che, secondo la definizione data dall’art. 644, comma 5°, c.p., avrebbe dovuto essere inclusa, rileva ai soli fini della verifica di conformità dei decreti stessi, quali provvedimenti amministrativi, alla legge di cui costituivano applicazione, per essere la rilevazione stata effettuata senza tenere conto di tutti i fattori che la legge imponeva di considerare.”

La Corte, però, si spinge oltre allorquando afferma che, “a prescindere dal rilievo che le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 16303/2018, con l’elaborazione del predetto meccanismo che fa capo alla CMS soglia, hanno individuato una soluzione che consente di comparare dati omogenei, in ogni caso, non è condivisibile l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui costituirebbe elemento imprescindibile ai fini di accertare l’usurarietà del tasso applicato l’omogeneità dei termini di comparazione. In proposito, questa Corte, nella recentissima sentenza a Sezioni Unite n. 19597/2020, nel ribadire l’orientamento interpretativo secondo cui in nessun caso il giudice è vincolato al contenuto della normazione secondaria nell’esercizio della sua attività ermeneutica, ha, altresì, affermato, con riferimento agli interessi moratori, che anche se nei decreti ministeriali sino al D.M. 22 marzo 2002 difetta la rilevazione, anche se separata, della maggiorazione propria degli interessi moratori (avendo tale rilevazione avuto inizio solo a partire dal decreto ministeriale del 25 marzo 2003) “in ragione dell’esigenza primaria di tutela del finanziato, sia allora giocoforza comparare il T.e.g. del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori in concreto applicati, con il T.e.g.m. così come in detti decreto rilevato, onde poi sarà il margine, nella legge previsto, di tolleranza a questo superiore, sino alla soglia usuraria, che dovrà offrire uno spazio di operatività all’interesse moratorio lecitamente applicato”.

In conclusione la Cassazione restituisce alla legge il ruolo di “protagonista” nella verifica di usurarietà, relegando le indicazioni metodologiche di cui alle Istruzioni di Banca d’Italia nei confini tecnici della rilevazione statistica del TEGM, escludendo una impropria sovrapposizione con le differenti finalità sottese al calcolo del TEG del singolo rapporto, e ribadendo anche il ruolo dei D.M. che, ove di contenuto contrario alla legge, vanno necessariamente disapplicati dal giudice come, tra l’altro, statuito espressamente dall’art. 101 Cost.

 

Qui l’ordinanza.

 

[1] Cfr. Cass. n. 5160/2018.

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