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Nota a ACF, 21 dicembre 2021, n. 4835.

Massima redazionale

 

Nel caso di specie, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) ha giudicato fondata la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente; invero, la prestazione del servizio di consulenza, non contestata dall’intermediario – resistente, si poteva indirettamente evincere dal fatto che tutte le operazioni fossero state sottoposte al giudizio di adeguatezza (che non era stato reso per l’acquisto delle azioni e delle obbligazioni effettuato nel 2011, sulla premessa del mancato rilascio da parte del cliente delle informazioni necessarie a tal fine; per converso, era stato effettuato in occasione delle due richieste di conversione, rispettivamente in data 7 marzo 2014 e 9 febbraio 2015, con esiti peraltro singolarmente contrastanti). Nella prima occasione, la valutazione è risultata positiva, alla luce delle risultanze del questionario sottoscritto dalla ricorrente in pari data; rispetto alla seconda operazione di conversione, effettuata l’anno dopo, l’esito è stato negativo. Ciò premesso, è avviso del Collegio che la condotta dell’Intermediario non sia stata improntata a diligenza nella prestazione del servizio. Di là dal fatto che non sono presenti evidenza tali da giustificare come mai la medesima operazione, ripetuta a distanza di meno di un anno, possa aver dato esiti contrastanti, è dirimente la circostanza che, nel caso in esame, sussistono elementi gravi, precisi e concordanti per considerare non attendibile il profilo assegnato alla ricorrente. Non è dato comprendere, infatti, l’attendibilità delle risposte rese, ove indicano una conoscenza discreta in materia finanziaria e una disponibilità a tollerare perdite in maniera significativa, considerando che la stessa aveva un basso livello di scolarizzazione, e, al contempo, nessuna significativa pregressa esperienza di investimento.

A tali inadempimenti, di per sé bastevoli per l’accoglimento della domanda, deve aggiungersi l’assenza di alcuna specifica informazione resa in occasione della prima operazione di conversione delle obbligazioni in azioni, sulle caratteristiche di quest’ultime; di talché, non è dato neppure comprendere con quale grado di consapevolezza la ricorrente si sia risolta a una scelta (la conversione), determinativa di una novazione del tipo di investimento, comportando l’abbandono della veste di titolare di un credito, poi rimborsabile alla scadenza del prestito obbligazionario, con l’assunzione della qualità di socio e con conseguente immobilizzazione dell’investimento, che sarebbe stato monetizzabile solo attraverso la vendita delle azioni, resa tuttavia problematica dalla condizione di illiquidità dello strumento finanziario.

È ictu oculi evidente come gli inadempimenti seriali dell’Intermediario siano dotati di lapalissiana rilevanza casuale nella scelta di investimento rivelatasi pregiudizievole, dovendosi concludere per l’accoglimento della domanda risarcitoria.

 

Qui la decisione.

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